Articolo pubblicato per Acri nell’edizione di giugno 2023 di Fondazioni


Sintesi

  • I giovani di nuova generazione (nati in Italia o all’estero da uno o entrambi i genitori stranieri) sono circa 3 milioni, il 7,4% degli under 35 nel paese.
  • Ciononostante, rappresentano solo l’1,7% del totale dei laureati, diseguaglianza che parte dalla scelta delle scuole superiori. Anche a parità di condizioni socioeconomiche e rendimento scolastico, hanno meno probabilità di scegliere il liceo.
  • Alta dispersione scolastica, capitale socioeconomico in media inferiore e bias da parte degli insegnanti sono tra i fattori che alimentano il fenomeno.
  • La criticità principale è però strutturale: in Italia, già a 13-14 anni i giovani devono scegliere tra liceo, istituti tecnici o professionali.
  • Interventi di orientamento e tutoring si sono dimostrati efficaci per ridurre il divario tra nuove generazioni e giovani con cittadinanza italiana.
  • Un riordino dei cicli scolastici con progressiva e graduale specializzazione ridurrebbe strutturalmente l’impatto di fattori socioeconomici nella scelta dei percorsi.

Il dibattito sulla riforma della legge sulla cittadinanza ha coinciso con una crescente attenzione verso le seconde generazioni in Italia, ovvero, quei minori nati in Italia o all’estero con uno o entrambi i genitori di origine straniera. Nel 2016, il Coordinamento Nazionale delle Nuove Generazioni Italiane (CoNNGI) ha introdotto nel suo manifesto il termine nuove generazioni italiane per catturare l’eterogeneità di questo gruppo e affermare che i comportamenti, abitudini e preferenze culturali di questi giovani sono sempre più simili a quelli di origine italiana.

Secondo la Fondazione Ismu, al 1° gennaio 2019, i giovani di nuova generazione tra 0 e 35 anni sono circa tre milioni, il 7,4% del totale degli under 35 in Italia. L’incidenza delle nuove generazioni è addirittura maggiore tra i più giovani: i minori inclusi in questo gruppo sono il 10% della popolazione tra 0 e 18 anni.

Ciononostante, le nuove generazioni rimangono sottorappresentate tra i laureati. Rispetto ai compagni di origine italiana si iscrivono meno all’università e, secondo AlmaLaurea, rappresentano solo l’1,7% del totale dei laureati. È quindi necessario rivolgere uno sguardo al percorso che porta a questa scelta, per identificare sfide e ostacoli dei giovani con background migratorio in Italia.

Criticità

Un primo fattore è l’elevata dispersione scolastica: l’Italia è infatti quinta in Europa per il tasso di abbandono scolastico tra i giovani. Il tasso di abbandono precoce è oltre tre volte superiore tra quanti non hanno la cittadinanza italiana: 35,4% contro 11%. In particolare, arrivati alle scuole superiori, il 9,1% di loro decide di abbandonare gli studi, contro il 2,9% degli studenti con cittadinanza italiana.

Capitale sociale ed economico svolgono un importante ruolo nella scelta scolastica, e le famiglie con immigrati hanno in media patrimoni e stipendi inferiori. Tuttavia, anche a parità di condizioni, i giovani stranieri hanno meno probabilità di scegliere il liceo, il percorso più orientato agli studi universitari. Se il 52% degli alunni con cittadinanza italiana sceglie il liceo, questo dato scende rispettivamente al 35% e 25% per gli studenti stranieri nati in Italia e quelli nati all’estero.

Anche a parità di rendimento scolastico, gli studenti con background migratorio hanno maggiori probabilità di scegliere percorsi scolastici brevi e di essere indirizzati dai loro insegnanti a scegliere scuole professionali o tecniche piuttosto che percorsi accademici.

Cosa fare?

Come il think-tank Tortuga ha già mostrato nel libro Ci Pensiamo Noi, la principale criticità è strutturale: l’organizzazione dei cicli scolastici. Alla giovane età di 13-14 anni, i ragazzi devono scegliere tra un percorso che li dovrebbe preparare per l’università (i licei) e uno che li dovrebbe avviare al mondo del lavoro (istituti tecnici e professionali).  Nel sistema come è ora, interventi specifici di orientamento e maggiore tutoring si sono già dimostrati efficaci nell’aumentare il numero di studenti con background migratorio in licei e istituti tecnici, riducendo così il divario con gli alunni di cittadinanza italiana. Tuttavia, un riordino dei cicli è auspicabile: una progressiva e graduale specializzazione e una minor rigidità dei cambi di percorso aiuterebbero a ridurre l’impatto dei fattori socio-economici nella scelta.

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