Articolo pubblicato su Econopoly
Sintesi
- Il Parlamento ha approvato all’unanimità un sistema sperimentale per consentire agli studenti fuori sede di votare nella regione dove studiano.
- Per votare fuori sede, sarà necessario presentare una richiesta al comune di residenza entro il 5 maggio.
- Secondo le nostre elaborazioni, le nuove norme riducono di molto il tragitto che gli studenti fuori sede dovranno compiere per recarsi a votare, in molti casi azzerandolo.
- Sono però esclusi gli studenti che frequentano l’università nella stessa regione in cui sono residenti e i residenti all’estero. Eppure, sarebbe possibile facilitare il voto anche a loro.
L’8 e il 9 giugno, gli italiani si recheranno alle urne per le elezioni europee. Per qualcuno, “recarsi” significherà soltanto raggiungere un vicino edificio scolastico, dove è situata la sua sezione elettorale. Per altri, richiederà ore di viaggio, in treno, in pullman o addirittura in aereo. Sia chiaro, la situazione non sarà drammatica come in passato: con un emendamento al decreto-legge elezioni, il Parlamento ha approvato all’unanimità un sistema sperimentale per consentire agli studenti fuori sede di votare nella regione dove studiano. Il nuovo sistema va nella direzione giusta, ma è poco coraggioso. Restano esclusi gli studenti che risiedono e studiano nella stessa regione, a cui come Tortuga proponiamo di estendere il nuovo sistema. Sono inoltre ignorati i residenti all’estero, nonostante le varie possibilità per facilitarne il voto.
Una radiografia degli studenti fuori sede
Circa 330mila studenti italiani frequentano l’università in una regione diversa da quella di residenza e si qualificano quindi come “fuori sede”, secondo i dati del Ministero dell’Università e della Ricerca relativi all’anno accademico 2022/2023. Si tratta del 21,43% degli studenti universitari, in significativo aumento rispetto al 17,10% del 2010/2011, primo anno in cui questo dato è disponibile. Allora, i fuori sede erano meno di 295mila: in dodici anni, sono aumentati del 12,67%. Viste la rilevanza del fenomeno e le sue ricadute positive in termini di opportunità educative e lavorative, è importante adoperarsi perché siano rimossi gli ostacoli che i fuorisede affrontano, tra cui quelli legati all’esercizio del voto.
Figura 1: Gli studenti fuori sede
Uno sguardo più nel dettaglio rivela che sono soprattutto le università dell’Italia settentrionale ad attirare studenti da altre regioni. Tra le cinque province che ospitano più fuorisede, infatti, quattro si trovano al Nord: guida la classifica Milano (con 49.618 fuorisede); seguono Roma (38.146), Bologna (29.807), Torino (29.324) e Ferrara (14.242). In quest’ultima provincia, i fuorisede costituiscono addirittura la maggioranza della popolazione degli studenti (il 59,75%). Una situazione simile si verifica anche a Trento, dove gli 8.444 fuorisede costituiscono il 55,35% degli universitari.
Se questi dati danno un’idea generale di quali siano le aree più attrattive, per meglio interpretare i flussi è utile spostarsi al livello regionale. Le regioni con il maggiore afflusso di studenti universitari sono Emilia-Romagna (con 67.371 fuorisede), Lombardia (59.285), Lazio (42.638), Piemonte (32.887) e Toscana (25.687). Le regioni con il maggiore deflusso, invece, sono Puglia (dove 39.957 residenti studiano in un’altra regione), Veneto (32.716), Sicilia (31.462), Campania (27.824) e Lombardia (27.522).
Il numero di studenti in entrata è una buona misura per valutare l’attrattività di un’area. Per i deflussi, tuttavia, è meglio guardare al dato relativo, cioè a quanti studenti formalmente residenti in una data regione studiano in un’altra rispetto al numero totale di studenti formalmente residenti nella prima regione: altrimenti, regioni molto popolose potrebbero comparire nel novero di quelle con i maggiori flussi in uscita nonostante solo una piccola minoranza dei residenti vada a studiare altrove (è il caso, per esempio, della Lombardia). In termini relativi, quindi, le regioni con il maggiore deflusso sono Valle d’Aosta (dove studia fuori dalla regione il 75,81% degli universitari residenti), Basilicata (73,89%), Molise (61,60%), Trentino-Alto Adige (46,40%) e Abruzzo (39,28%).
Figura 2: Spostamenti degli studenti fuori sede
Le nuove norme
La legge 25 marzo 2024, n.38 ha integrato nel “decreto elezioni” (d.l. 29 gennaio 2024, n. 7) nuove disposizioni che introducono il voto fuori sede. Secondo le norme in questione, che sono valide solo per queste elezioni europee, gli studenti fuori sede potranno votare nella regione in cui frequentano l’università. Ci sono due casi. I fuorisede trasferitisi all’interno della stessa circoscrizione elettorale in cui sono residenti potranno votare nel comune dove studiano. Quanti si sono trasferiti in una circoscrizione diversa da quella di residenza, invece, potranno votare nel capoluogo della regione dove studiano. In entrambi i casi, sarà necessario presentare una richiesta al comune di residenza almeno 35 giorni prima della data delle elezioni, ovverosia, nel caso delle prossime elezioni, entro il 5 maggio.
Facciamo un esempio. Chiara è residente nel Lazio, ma frequenta l’Università di Pisa. Siccome risiede e studia in regioni diverse, appartenenti però alla stessa circoscrizione (Centro), potrà votare a Pisa, dove studia. Nicola, invece, è residente in Campania e frequenta l’Università di Padova. Siccome la Campania e il Veneto appartengono a due circoscrizioni diverse (Sud la prima regione, Nord-Est la seconda), per votare Nicola dovrà recarsi a Venezia, il capoluogo della regione in cui studia.
Voto fuori sede prima e dopo la riforma
I dati sugli universitari forniti dal ministero ci hanno consentito di calcolare la distanza che gli studenti fuori sede devono percorrere per recarsi a votare, in due scenari alternativi: prima dell’attuale (temporanea) riforma e dopo. C’è di più: usando le Directions API di Google Maps, abbiamo potuto calcolare anche il tempo medio di percorrenza dei fuorisede per recarsi a votare, ipotizzando che viaggino venerdì 7 giugno usando mezzi di trasporto pubblico (treni o pullman). L’analisi esclude residenti e studenti in Sicilia e Sardegna, poiché queste due regioni sono tipicamente raggiunte in aereo.
I risultati, riportati nella tabella 1, rivelano una significativa riduzione del tragitto da percorrere per recarsi a votare, in termini sia di distanza sia di durata del viaggio. I fuorisede “circoscrizionali” (è il caso di Chiara) passeranno da un viaggio medio di 2:28 ore (166,84 km) a zero, per via della possibilità di votare nel comune in cui studiano. Il guadagno è ancora più significativo per i fuorisede “nazionali” (come Nicola), che passeranno da una media di 4:27 ore di viaggio (451,92 km) a 19 minuti (23,65 km), dovendo raggiungere solo il capoluogo di regione.
Sono esclusi dai benefici delle nuove norme quanti studiano in un’altra provincia della regione in cui sono residenti. Costoro devono compiere un tragitto medio di 62,98 km, per una durata di 1:07 ore. Non si tratta di viaggi particolarmente lunghi in termini assoluti, ma sorprende egualmente che si sia scelto di escludere questa categoria. Sarà ora paradossalmente più facile votare per Chiara che non per Roberta, studentessa residente nella provincia di Belluno che frequenta l’università a Venezia. Eppure, al pari di Chiara, Roberta studia nella stessa circoscrizione in cui risiede e le si potrebbero ragionevolmente estendere le stesse condizioni per il voto fuori sede.
Tabella 1: Distanza e tempo di percorrenza per recarsi a votare dalla sede universitaria per status di fuorisede
Numero | Pre-riforma | Post-riforma | |||
---|---|---|---|---|---|
Distanza (km) | Durata (ore) | Distanza (km) | Durata (ore) | ||
Non fuorisede | 757.385 | 0,00 | 00:00:00 | 0,00 | 00:00:00 |
Regionale | 455.597 | 62,98 | 01:06:44 | 62,98 | 01:06:44 |
Circoscrizionale | 102.635 | 166,84 | 02:27:30 | 0,00 | 00:00:00 |
Nazionale | 228.116 | 451,92 | 04:27:29 | 23,65 | 00:19:23 |
La figura 3 illustra, per ogni provincia italiana inclusa nell’analisi, la durata del viaggio per recarsi a votare degli studenti fuori sede lì residenti. Prima delle nuove norme, erano soprattutto gli studenti provenienti dal Meridione a dover affrontare lunghi viaggi, che potevano superare le cinque ore e raggiungere addirittura le nove ore in alcune aree di Puglia, Basilicata e Calabria. Ora, invece, a riscontrare i tempi di percorrenza più alti (tra una e tre ore) saranno gli studenti residenti nelle province di Sondrio e Cremona, che si trovano nella stessa situazione di Roberta: studiano in larga misura a Milano e non beneficiano quindi delle nuove regole.
Figura 3: Tempo di percorrenza per raggiungere la provincia del seggio elettorale
Un buon inizio, ma non ci si fermi qui
Questo esperimento per favorire il voto fuori sede è sicuramente degno di plauso. Viene incontro a una categoria di elettori per cui il voto ha storicamente richiesto un prezzo alto in termini di tempo e potenzialmente anche di denaro, nonostante gli sconti sui trasporti a loro rivolti.
Tuttavia, questa prima formula potrebbe beneficiare di qualche aggiustamento. In primo luogo, sarebbe opportuno estendere anche ai fuorisede “regionali” (Roberta nel nostro esempio) gli stessi benefici riservati a quelli “circoscrizionali”.
Inoltre, restano esclusi gli oltre tre milioni di residenti all’estero fuori dall’Unione europea, che per votare alle elezioni europee dovranno tornare nel comune presso la cui anagrafe sono registrati. È difficile immaginare che un italiano residente, per esempio, negli Stati Uniti possa trovare sensato acquistare un volo per l’Italia e trascorrere ore in aereo solo per votare a queste elezioni. Ciò è tanto più curioso se si considera che i residenti all’estero possono votare regolarmente alle elezioni politiche nazionali tramite la rete consolare, con un meccanismo rodato che sembrerebbe a prima vista facilmente replicabile per le elezioni europee.
Più in generale, si è scelto un meccanismo complicato che si applica soltanto agli studenti fuori sede e non, per esempio, a lavoratori che si trovino in una situazione equivalente. Eppure, esistono meccanismi alternativi e applicabili a tutti, già usati in altri paesi UE: il voto per corrispondenza (in alcuni casi limitato ai residenti all’estero), il voto online, e il voto per procura. Sedici paesi UE permetteranno ai loro elettori di votare tramite una di queste soluzioni in occasione delle elezioni europee.
In Italia, abbiamo già esperienza con il voto per corrispondenza: si applica ai residenti all’estero per le elezioni politiche. A fine 2023, inoltre, ha avuto luogo una sperimentazione di voto online. Investire in queste opzioni potrebbe contribuire a rendere sempre più facile ed economico per tutti esercitare il proprio diritto-dovere di voto.