Articolo pubblicato per Econopoly e Il Sole 24 Ore

Pubblichiamo il terzo di quattro lavori premiati da Tortuga Call for Policy Papers, un concorso di policy brief rivolto a studenti e studentesse di magistrale e ultimo anno di triennale, e giovani ricercatori e ricercatrici. L’obiettivo è individuare alcune proposte di policy di potenziale impatto per lo scenario italiano e raccogliere idee dalle nuove generazioni. Di seguito l’articolo scritto da uno dei tre finalisti della categoria senior, Marco Compagnoni (dottorando presso l’Università di Trento).

A questo indirizzo è disponibile il lavoro vincitore della categoria junior, mentre qui è possibile leggere il contributo in un altro gruppo finalista della categoria senior.


Sintesi

  • L’economia circolare va oltre il semplice riciclo dei rifiuti e comprende il riuso e la prevenzione.
  • La tariffazione puntuale dei rifiuti modula l’imposta individuale sui rifiuti sulla base di quanti ne sono stati effettivamente prodotti.
  • Gli effetti sulla produzione di rifiuti della tariffazione puntuale sono stati verificati in diversi Paesi.
  • In Italia, l’adozione di tali tariffe ha determinato una riduzione dei rifiuti prodotti.
  • Le regioni italiane hanno autonomia nella gestione dei rifiuti, ma devono rispettare le direttive europee che incentivano l’economia circolare.
  • Le regioni italiane dovrebbero adottare sistemi di tariffazione puntuale per favorire l’economia circolare.

Il concetto di economia circolare viene spesso associato a quello di riciclo. In realtà, secondo la Gerarchia dei Rifiuti, principio cardine dell’economia circolare riportato nella direttiva UE sui rifiuti (2008/98/EC), il riciclo dei rifiuti è, sì, da preferire al loro incenerimento con recupero di energia e allo smaltimento in discarica, ma è comunque una soluzione secondaria rispetto al riuso e alla prevenzione della produzione di rifiuti, come riportato nella figura 1. Ciò è dovuto all’impatto ambientale dei rifiuti in sé e dei loro processi di gestione e smaltimento.

Estendere il ciclo di vita dei prodotti

Le strategie di prevenzione rappresentano, invece, la soluzione ottimale dal punto di vista ambientale, poiché mirano a estendere il ciclo di vita dei prodotti e a ridurre il consumo di beni materiali. In entrambi i casi, si riduce l’utilizzo di risorse naturali e, dunque, si può ridurre l’impatto ambientale delle attività di produzione e consumo.

Economia circolare: tassonomia
Figura 1: Gerarchia dei Rifiuti dell’Unione Europea. Fonte: Direttiva UE Rifiuti (2008/98/EC).

Nella valutazione delle politiche sui rifiuti è dunque essenziale non limitarsi a verificarne gli effetti in termini di riciclo o di percentuale raccolta di differenziata, ma osservare anche il loro impatto sulla produzione totale di rifiuti, per verificarne la coerenza con gli obiettivi della Gerarchia dei Rifiuti e, quindi, con quelli di economia circolare.

Tariffazione puntuale

Fra gli strumenti fiscali considerati a supporto dell’economia circolare vi è la cosiddetta tariffazione puntuale: schemi di tariffazione dei rifiuti urbani in cui l’imposta dipende almeno in parte dalla quantità di rifiuti generati, specie quelli indifferenziati. La tariffazione puntuale richiede al cittadino di pagare una tariffa corrispettiva al servizio di gestione rifiuti effettivamente richiesto ed è per questo considerata una “benefit tax”, al contrario della Tari (Tariffa sui Rifiuti) che non è direttamente proporzionale alla quantità di rifiuti generati e non dipende dalla loro tipologia.

L’impatto sulla produzione dei rifiuti urbani

Ma qual è l’impatto di tale tariffazione sulla produzione dei rifiuti urbani? In linea teorica, l’adozione di schemi di tariffazione puntuale può generare tre diversi effetti. Il comportamento più virtuoso è un aumento degli sforzi di prevenzione della generazione di rifiuti da parte dei cittadini; ciò può essere dovuto non solo all’esborso economico legato alla quantità di rifiuti generati, ma anche ad una maggiore consapevolezza del loro impatto ambientale. In secondo luogo, si potrebbe verificare un effetto di sostituzione dei rifiuti indifferenziati (tassati) con rifiuti differenziati (non o poco tassati); in questo caso, tuttavia, la quantità totale di rifiuti generati potrebbe non diminuire.

Infine, la tariffazione potrebbe avere un effetto di diminuzione delle motivazioni ambientali, più o meno consce da parte dei cittadini, che potrebbero sentirsi legittimati ad adottare comportamenti meno virtuosi in virtù della compensazione economica dovuta alla municipalità per tali comportamenti. In altre parole, la tariffazione potrebbe portare ad un esito opposto rispetto a quello desiderato, a causa di una reazione del cittadino del tipo “pago quindi inquino”.

Il caso dell’Emilia-Romagna

La Regione italiana probabilmente più attiva nell’implementazione di politiche per l’economia circolare è l’Emilia-Romagna, la quale, tramite la legge regionale 16/2015, introdusse l’obbligo di adozione di schemi di tariffazione puntuale in tutti i propri Comuni entro il 2021. Ciò nonostante, ad oggi soltanto il 31% dei comuni ha introdotto questa forma di tariffazione, come mostra la figura 2.

Economia circolare: tariffazione puntuale in Emilia-Romagna
Figura 2: Diffusione di schemi di tariffazione puntuale (verde e arancione) nei Comuni dell’Emilia Romagna al 2022.

Fonte: Regione Emilia-Romagna.

Tramite un’analisi empirica basata su dati forniti da Ispra (Ministero dell’Ambiente), dalla Regione Emilia-Romagna e da Istat, è stato possibile individuare tre diversi effetti prodotti dal passaggio alla tariffazione puntuale. Innanzitutto, tale transizione ha comportato un incremento del tasso di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti generati stimato intorno al 15%. Tuttavia, tale dato potrebbe essere dovuto sia a una diminuzione della quantità di rifiuti totali generati che a un incremento della quantità di rifiuti differenziati generati, a fronte di una produzione totale di rifiuti costante o addirittura in crescita. Questo sarebbe in diretto contrasto on gli obbiettivi dell’economia circolare.

Prevenire attraverso la tariffazione

Dunque, è importante verificare l’esistenza di un effetto di prevenzione determinato dall’introduzione della tariffazione puntuale. Tale impatto è in effetti osservato: si stima che il cambiamento di tariffazione abbia comportato una riduzione della quantità totale di rifiuti pro capite generati del 10% circa, corrispondente a quasi 60 kg per abitante all’anno. All’aumento della prevenzione sembra accompagnarsi anche un effetto di sostituzione, ossia un maggiore sforzo dei cittadini nel differenziare i propri rifiuti domestici. Tuttavia, l’entità stimata di questo secondo effetto è inferiore rispetto al primo.

Questo risultato, specifico per l’Emilia-Romagna, è coerente con le indicazioni fornite da altre analisi scientifiche, come quella del 2015 dei ricercatori Bucciol, Montinari e Piovesan, relativa alla provincia di Treviso, e quella di Valente e Bueno del 2019 sulla città di Trento.

Le regioni si concentrano troppo sulla fase di gestione dei rifiuti

Il caso dell’Emilia-Romagna dimostra che la tariffazione dei rifiuti è uno strumento efficace e potente in mano a regioni e comuni per incentivare comportamenti virtuosi da parte dei cittadini. In particolare, la tariffazione puntuale è in grado di determinare un aumento del tasso di raccolta differenziata e, soprattutto, uno sforzo preventivo rispetto alla generazione di rifiuti.

Economia circolare: tariffazione puntuale in Italia
Figura 3: Diffusione dei Comuni con tariffazione puntuale in Italia. Fonte: Ispra, Rapporto rifiuti urbani 2021

Tuttavia, la diffusione di questo schema di tassazione è ancora molto inferiore rispetto a quella della Tari. Infatti, secondo il Rapporto sui rifiuti urbani 2021 dell’Ispra, solo il 12,7% dei comuni italiani ha adottato schemi di tariffazione puntuale, con una copertura del 12% della popolazione italiana, come mostra la figura 3. In generale, tale obiettivo è esplicitamente menzionato solo nell’ambito della gestione dei rifiuti nella grande maggioranza dei casi. Invece, è fondamentale comprendere che la priorità dovrebbe essere agire a monte rispetto alla generazione dei rifiuti, perseguendo un disaccoppiamento fra attività economiche ed estrazione di risorse naturali.

Italia ed Europa a confronto

I dati Eurostat ci permettono di ottenere una panoramica complessiva del livello di circolarità del nostro paese. L’Italia fa relativamente bene rispetto agli altri Paesi europei in termini di gestione dei rifiuti, con il 68% dei rifiuti totali (urbani più speciali) destinati a riciclo, rispetto ad una media Ue pari al 35%. Tuttavia, si osserva un incremento della produzione totale di rifiuti, che è stata pari al 9% nel periodo 2010-2018. Inoltre, vi è un forte divario fra Nord e Sud in termini di prestazioni del riciclo, oltre a un eccessivo ricorso allo smaltimento in discarica che, per i rifiuti urbani, si attesta al 20% (2020). Ma è soprattutto il dato sull’ecoinnovazione a destare maggiore preoccupazione. Con ecoinnovazione si intendono i processi di innovazione tecnologica volti a ridurre l’impatto ambientale o il consumo delle risorse.

L’Italia è al tredicesimo posto in Europa in termini di investimenti per le attività di ecoinnovazione realizzate da aziende e organizzazioni di ricerca. Ciò determina una produttività delle risorse, ossia il rapporto fra Pil e consumo di materiali, a crescita sostanzialmente nulla nell’ultimo decennio. Per migliorare il livello complessivo di circolarità del nostro paese occorre fare progressi su ciascuno di questi fronti.

Rifiuti, perché le Regioni dovrebbero occuparsene

Le Regioni giocano un ruolo determinante nella transizione all’economia circolare in virtù delle rispettive specializzazioni economiche, tecnologiche e di competenze: opportunità e barriere all’implementazione di strategie di economia circolare sono molto differenziate e variano da regione a regione. Perseguire una transizione all’economia circolare significa attuare una strategia di resilienza delle attività economiche dalla reperibilità e volatilità del prezzo delle materie prime. Insomma, che lo si faccia a monte, stimolando l’ecoinnovazione e la produttività delle risorse, o a valle, con interventi volti a migliorare la gestione dei rifiuti, non ci rimane che intervenire, e soprattutto le Regioni dovrebbero occuparsene.

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