Articolo pubblicato per Linkiesta

A causa dei danni socio-emotivi causati dalla pandemia è arrivato il momento di fornire agli studenti gli strumenti necessari per condurre una vita bilanciata e affrontare correttamente ostacoli e difficoltà. La scuola è il luogo ideale per educare al benessere mentale, garantendo equo accesso ai servizi psicologici a prescindere dal reddito.

Dopo due anni durissimi di isolamento e mancanza di socialità, la salute mentale è entrata al centro del dibattito pubblico. Per questo la scelta di escludere il “bonus psicologo” dalla legge di Bilancio ha suscitato scalpore. Allo stesso tempo, è passata quasi inosservata la notizia che i fondi per la psicologia scolastica sono stati ridotti da 120 a 20 milioni. La continua retorica del “pensiamo ai ragazzi” suona particolarmente stridula quando viene ridotta una delle poche misure concrete e dal costo limitato che può aiutare i più giovani a superare gli effetti negativi della pandemia. Infatti, come abbiamo mostrato nel report sulla Didattica a distanza, l’assenza della scuola in presenza ha comportato gravi ripercussioni sulla salute mentale degli interessati. 

Allo stesso tempo, la salute mentale dei più giovani dovrebbe essere una priorità da affrontare sempre, al di là delle circostanze della pandemia—sono anni che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ne sottolinea l’importanza. L’Oms stima che metà dei disagi mentali nascano prima dei 15 anni, e 75% entro i 18. In uno studio europeo del 2015, 10% degli studenti campionati nelle scuole tra i 6 e gli 11 anni soffriva di problemi che avrebbero necessitato di supporto mentale, inclusi disturbi di sviluppo, emotivi o comportamentali. Anche in quest’area vale la massima che prevenire è meglio che curare: affrontare questi problemi presto ne riduce l’impatto futuro, diminuendo quindi il costo individuale e sociale. Al contrario, ignorare il benessere mentale e il corretto sviluppo psicosociale dei giovani rischia di accentuare i problemi in età adulta, creando ulteriori ostacoli al condurre una vita soddisfacente. 

L’ambiente scolastico, grazie alla sua capacità di raggiungere tutti coloro in età vulnerabile, è il luogo più adatto a individuare tempestivamente sintomi di disagio psicologico e a intervenire tramite figure professionali. È inoltre anche il luogo che può educare a un approccio equilibrato al benessere psico-emotivo.

Scuola e salute: esperienze in Europa
Un servizio scolastico di salute mentale può operare su base universale, tramite programmi di educazione rivolti all’intera popolazione studentesca, o individuale, con interventi mirati alle necessità dei singoli. L’approccio universale è il più diffuso nelle scuole europee: secondo uno studio del 2017, ne fanno largo uso quasi il 69% delle scuole di 10 paesi europei mentre solo il 51% si impegna “abbastanza” o “molto” nell’offerta di approcci individuali. Il primo tipo di intervento è favorito da Irlanda e Polonia, mentre Regno Unito e Svezia sono i paesi con la più alta preferenza di servizi individuali.

Oltre alla scala dei riceventi, gli interventi si possono categorizzare in base allo scopo, che può essere preventivo o terapeutico. Gli interventi preventivi mirano a educare in materia di salute mentale, offrendo agli studenti gli strumenti per sviluppare le abilità emotive necessarie a gestire situazioni difficili e saper riconoscere i primi segni di disagio. Corsi curriculari sul benessere mentale e attività di supporto psicologico sono esempi di interventi di tipo preventivo ma anche tra i meno diffusi in Europa. Esiste grande eterogeneità nei servizi offerti dai vari Paesi: mentre la prevenzione è il focus principale del 70% di tutte le scuole britanniche, lo stesso si può dire di solo il 12% di quelle francesi. Terapie comportamentali rivolte alle difficoltà di apprendimento sono invece più comuni e più uniformemente diffuse, ma mirate al supporto individuale di studenti con difficoltà pregresse e quindi con scopo principalmente terapeutico.

Le figure professionali di salute mentale impiegate dalle scuole europee sono varie, da assistenti sociale a psicologi e psichiatri. Rimane generalmente riconosciuta l’importanza dei docenti come figure chiave nel corretto sviluppo emotivo e mentale degli studenti, soprattutto quelli più giovani. L’ Ue raccomanda infatti che i programmi di educazione alla salute mentale siano accompagnati da un’adeguata formazione del personale scolastico affinché abbia gli strumenti per supportare il benessere degli studenti, oltre che al proprio. 

La situazione in Italia
In questo panorama, l’Italia spicca per la carenza di una presenza stabile e strutturata di un Servizio di Psicologia Scolastica. Già nel 2004 il Ministero dell’Istruzione istituì una Commissione ministeriale, ma le proposte di legge formulate non arrivarono in discussione alle Camere. Le regioni si sono quindi mosse in ordine sparso, sfruttando la loro autonomia in merito, stipulando accordi con gli Ordini regionali degli psicologi o emanando leggi regionali

Visto il vuoto normativo a livello nazionale, già nel 2015 i Ministeri della Salute e dell’Istruzione avevano stipulato un Protocollo d’Intesa, con un capitolo sulla salute mentale. L’attenzione, tuttavia, era dedicata a interventi individuali e terapeutici, in particolare per quanto riguarda alunni e studenti con disabilità e con disturbi evolutivi specifici.

Il Covid-19 ha riportato l’attenzione sull’argomento. L’obiettivo del Protocollo di intesa siglato dal Ministero dell’Istruzione e il Consiglio Nazionale Ordine Psicologi era attivare un servizio di supporto psicologico e assistenza medica fino a giugno 2021, finanziato attraverso il Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa. Lo psicologo a scuola non è comunque una novità, e dai monitoraggi regionali si registra che le scuole ne facciano già uso attraverso le risorse date dall’autonomia scolastica. Tale servizio è apprezzato dal personale scolastico, che lo considera non solo positivo, ma necessario. Gli psicologi scolastici vanno infatti a complementare il personale docente, occupandosi dei temi come la motivazione degli studenti, i rapporti con i coetanei e con gli adulti, e forme di dipendenza o di devianza. 

Data l’attenzione al problema generata dalla pandemia, ridurre invece che potenziare i servizi di psicologia scolastica è un’occasione sprecata. Questo era il momento di espandere il servizio rendendolo universale, come accade in gran parte d’Europa. Già nel 2018 era stata proposta una legge a riguardo alla Camera, che proponeva di rendere obbligatoria la presenza di uno psicologo ogni 400 alunni. Se ora l’utilizzo della psicologia scolastica è infatti prevalentemente terapeutico e mirato, renderlo un servizio fisso darebbe lo spazio di intervenire preventivamente su tutte le classi, invece che su individui.

Una figura integrata nella scuola potrebbe non solo fornire servizi di ascolto individuali, ma anche organizzare programmi di formazione, come per esempio all’educazione socio-emotiva, campo nel quale abbiamo già sottolineato esistano grosse disuguaglianze in base alla famiglia e al reddito. Questo tipo di programmi a spettro universale, hanno l’obiettivo di promuovere competenze come l’auto-controllo e la gestione delle emozioni, la consapevolezza di sé e degli altri, la risoluzione dei conflitti, e la costruzione di relazioni positive, con effetti benefici sul comportamento e sui risultati scolastici. Tale figura potrebbe inoltre intervenire sul piano dell’abbandono scolastico — dove abbiamo uno dei tassi più alti in Europa, al 13,5% — come visto in un recente programma del Lazio. Infine, lo psicologo scolastico potrebbe fare formazione interna ai docenti su temi come la multiculturalità e la creazione di relazioni positive in classe, andando a contrastare fenomeni di bullismo.

Prevenire è meglio che curare
La pandemia ha evidenziato l’insufficienza delle attuali politiche nell’affrontare la prevenzione e la cura di disturbi mentali tra i più giovani. La scelta di non porre ulteriori risorse sul piatto è sintomo di poca lungimiranza: continuare a ignorare la questione rischia di peggiorare il problema e aumentare i costi sociali nel lungo termine. Con i danni socio-emotivi causati dall’isolamento forzato, è arrivato il momento di rimediare e investire sulla salute mentale degli studenti, fornendo loro gli strumenti necessari a condurre una vita bilanciata e ad affrontare correttamente ostacoli e difficoltà. La scuola è il luogo ideale per educare alla salute e al benessere mentale, garantendo equo accesso ai servizi psicologici a prescindere dal reddito.


Ha collaborato all’articolo, Anna Clemente, senior fellow di Tortuga con un PhD in Political and Social Sciences allo European University Institute (Fiesole), dove lavora su temi di politica economica e political behaviour. 

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