L’articolo è stato pubblicato sull’HuffingtonPost

L’emergenza coronavirus avrà un impatto negativo sull’intera economia italiana. Un settore che rischia di essere particolarmente colpito è quello delle scuole paritarie, le quali fronteggiano già da qualche anno una situazione di crisi.

Confrontando i dati Istat del 2015 a quelli del 2018 si registra un calo evidente nel numero degli studenti iscritti, che passano da 825mila a 758mila. Questa tendenza si riflette anche nel minor numero di istituti: in tre anni ne sono stati chiusi più di 600.

Come sottolineato dall’USMI, l’unione dei superiori maggiori d’Italia, il Covid-19 rischia di causare la chiusura di circa il 30% delle scuole paritarie, sia laiche che religiose, se il governo non interverrà in maniera adeguata in loro sostegno. Il problema principale che questi istituti si trovano ad affrontare è il mancato versamento delle rette da parte delle famiglie, a loro volta colpite dalla crisi: circa il 30% a marzo e quasi nessuno ad aprile, come affermato da Luigi Sepiacci, presidente ANINSEI Confindustria (associazione di riferimento per 600 istituti paritari), sul Sole24Ore.

D’altra parte, gli istituti paritari non hanno la possibilità di mettere in Cassa Integrazione i propri docenti, dal momento che il servizio educativo continua, in molti casi, a essere garantito a distanza. Inoltre sono gli asili a correre il rischio maggiore. La questione dovrebbe destare preoccupazione, a tutti i livelli, perché l’istruzione parificata è più rilevante proprio nel segmento degli asili. Le stime parlano di metà delle scuole dell’infanzia paritarie a rischio chiusura. Questo sarebbe uno squilibrio che neppure un’Italia senza Coronavirus avrebbe potuto permettersi, figuriamoci nel mezzo di questa crisi. 

Lungi dall’essere una questione privata, famiglie costrette a cambiare le proprie scelte in materia di istruzione graverebbero su un settore pubblico già sotto stress per via della pandemia. Infatti, gli studenti provenienti dalle scuole paritarie destinate a chiudere dovrebbero essere assorbiti dalle scuole statali già dal prossimo settembre.

Guardando ai numeri, secondo i dati OCSE del 2019, l’Italia spende, per studente, circa 7000 euro per l’istruzione pre-primaria, 7400 per quella primaria e 8500 per quella secondaria. Le scuole paritarie beneficiano di circa 500 euro di contributo per studente e il resto è a carico delle famiglie, le quali godono anche di una detrazione Irpef del 19% fino a 800 euro per l’iscrizione a un istituto paritario: è pertanto evidente che le scuole paritarie permettono di risparmiare allo Stato una cifra tutt’altro che esigua.

Davanti a un’emigrazione consistente dal sistema paritario a quello statale, lo Stato avrebbe soltanto due scelte: aumentare (e di molto) la spesa per istruzione, o diminuire la spesa pro capite, già minore della media OCSE. Tuttavia, di fronte a una crisi sistemica, parlare del costo marginale di un singolo studente sarebbe riduttivo. Infatti, questa spesa ipotetica per studente aggiuntivo non tiene conto della necessità di trovare spazio per nuove aule, più banchi o, persino, nuovi edifici. Fra l’altro, queste soluzioni dovrebbero essere compatibili con le norme di distanziamento sociale che saranno probabilmente in vigore a settembre.

Spazio ai numeri. Secondo l’Istat, nel 2018 gli studenti iscritti alle scuole private – senza considerare gli asili nido – erano più di 750 mila, quasi il 9% del totale. Se guardiamo alle scuole d’infanzia, invece, i bambini sono poco meno di 420 mila, circa il 30% del valore totale. Il dato, inoltre, va declinato da zona a zona del Paese. In Lombardia e in Veneto gli studenti che frequentano le scuole paritarie sono più del 14%, e in alcune province, come Lecco, la quota sfiora il 20%. Circoscrivendo l’analisi alle scuole dell’infanzia, i dati sono ancora più significativi: in quasi tutto il nord-est del paese la percentuale è ben superiore al 30%, con picchi del 70%, come a Bergamo. Si tratta di alcune tra le zone del paese più colpite dal coronavirus. Spostando lo sguardo verso la galassia degli asili nido, i posti per i bambini 0-2 anni sono 322 mila in Italia, la metà dei quali (155 mila) a titolarità privata. La percentuale raggiunge quasi il 60% in regioni come Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Puglia. 

Il settore, che occupa 90 mila docenti e 70 mila dipendenti tecnici amministrativi, ha un peso che va al di là di quello soltanto occupazionale. Infatti, molti bambini e ragazzi potrebbero ritrovarsi a non avere alternative, o addirittura correre il rischio di non poter frequentare normalmente la scuola: nelle zone rurali e interne del paese spesso gli asili nido e scuola dell’infanzia sono solo paritari, come osserva don Michelangelo Dessì, direttore dell’Istituto Salesiano Don Bosco di Cagliari.

In particolare sarebbero spesso le famiglie meno abbienti a riscontrare le maggiori difficoltà. Osservando le tendenze degli ultimi anni, è evidente come siano stati proprio gli istituti con le rette minori a risentire maggiormente della crisi delle istituzioni scolastiche paritarie, in particolare nel Sud Italia. Il Coronavirus produrrà effetti più gravi proprio su questi istituti e, di conseguenza, il luogo comune  dell’istruzione paritaria come beneficio dei più ricchi rischierebbe di diventare una triste realtà.

Che fare, dunque? Al momento il decreto Cura Italia si è preoccupato delle scuole paritarie in modo piuttosto timido. Gli istituti hanno ricevuto 3.7 milioni per pulizie e acquisto di prodotti igienizzanti e 2 milioni per coordinare le attività didattiche a distanza. Cifre basse rispetto al potenziale costo di una crisi del sistema paritario. Ipotizzando una drastica diminuzione del 30% degli iscritti a istituti paritari, identicamente distribuiti tra grado di iscrizione, calcoliamo che i nuovi costi annui per lo Stato sarebbero superiori a 1 miliardo e mezzo di euro, tenendo conto degli stessi dati OCSE. 

Per fare un passo avanti, lo Stato potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di aumentare temporaneamente e in modo consistente gli sgravi fiscali in vigore per le famiglie che scelgono l’opzione paritaria – magari con una condizionalità sul pagamento delle rette – oppure istituire un fondo ad hoc, come invocato dall’On. Toccafondi (IV), che stima un importo di minimo 100 milioni di euro.

Oltre al contenuto, anche le tempistiche giocano un ruolo chiave. Le famiglie e gli studenti necessitano di risposte chiare ben prima di settembre: le iscrizioni al prossimo anno scolastico avvengono proprio in questi giorni, e questo clima potrebbe spingere molti a rivedere le proprie scelte in merito all’istruzione dei figli.

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