Articolo pubblicato per Linkiesta

L’Italia è tra i Paesi europei più lenti nel rimborsare i debiti, rispetto alla data di emissione: 67 giorni. In questo modo il Paese perde attrattiva nei confronti degli investitori. Il Next Generation Eu rappresenta un’occasione per perfezionare la Pubblica amministrazione

Avere a che fare con la Pubblica amministrazione in Italia è considerato difficile soprattutto dalle imprese: burocrazia, attese, incertezza spesso ostacolano il rapporto tra pubblico e privati. Ma la Pubblica amministrazione rappresenta anche un cliente per molte realtà italiane. La domanda sorge spontanea: che tipo di creditore è la PA?

Il rispetto dei termini di pagamento garantisce alle imprese la liquidità necessaria per sostenere la propria struttura finanziaria. Si tratta quindi di un elemento fondamentale per il buon funzionamento economico di un Paese e che diviene di ulteriore importanza in un momento di crisi e incertezza come quello provocato dalla pandemia.

A livello nazionale, il quadro italiano delle tempistiche dei pagamenti è tutt’altro che roseo. Nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi anni, a partire dall’introduzione della fattura elettronica nel 2015, il nostro Paese continua a collocarsi ben al di sopra della media europea (42 giorni) per il pagamento dalla data di emissione dei debiti commerciali con un’attesa di 67 giorni.

Un ritardo che contribuisce a deteriorare la competitività del nostro Paese e la sua attrattiva nei confronti degli investitori. La mancata puntualità limita le transazioni economiche nel mercato, generando una serie di ritardi a cascata che possono avere ripercussioni significative sul piano economico e sociale, come il progressivo indebolimento delle aziende, costrette a trovare fonti di finanziamento alternative, e il potenziale aumento della disoccupazione.

Sull’inadempimento dei termini di pagamento da parte della pubblica amministrazione si è pronunciata anche la Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione europea, che a gennaio 2020 ha condannato l’Italia per aver violato la direttiva comunitaria 2011/7 dell’Unione che regola le tempistiche di estinzione dei debiti commerciali. La direttiva, recepita con il decreto legge 192/2012, prevede che tutte le pubbliche amministrazioni paghino le proprie fatture entro 30 giorni dalla data del loro ricevimento, estesi a 60 per il servizio sanitario nazionale.

Per quanto la Pubblica amministrazione fallisca ancora nel rispettare gli standard imposti da Bruxelles, negli ultimi anni è stato registrato un leggero miglioramento nel pagamento delle fatture grazie anche all’introduzione, nel 2014, di un apparato di monitoraggio più efficace basato sulla Piattaforma dei Crediti Commerciali (Pcc).

La piattaforma traccia tutte le fatture ricevute dagli enti pubblici registrati (22.000 nel 2018) mentre dipende dalla comunicazione attiva degli enti per il tracciamento dei pagamenti. Dal 2017, il servizio viene integrato dall’infrastruttura Siope+ (Sistema Informative sulle Operazioni degli Enti Pubblici), che registra automaticamente i dati sui pagamenti che sfuggono alla Pcc. Occorre però distinguere i vari piani della Pubblica amministrazione: quello statale, quello regionale e delle province autonome, e infine quello degli enti locali.

Regioni italiane: creditrici affidabili
Per le regioni, nonostante variazioni territoriali, la situazione non si configura critica al pari di altre amministrazioni pubbliche. Attualmente, ben 15 regioni pagano in anticipo rispetto alla scadenza della fattura. Il dato risalta maggiormente se si considera che i miglioramenti si sono susseguiti negli ultimi anni, con un abbassamento del ritardo nel 2020 di 100 giorni rispetto al 2019.

Nonostante i rischi della pandemia per la solvibilità, infatti, le migliori amministrazioni regionali sono state in grado di distinguersi positivamente, risultando un attore fondamentale per la trasmissione delle misure di aiuto governative. La regione Basilicata ha rivestito un ruolo fondamentale nel perseguimento di questo miglioramento, riuscendo a ridurre di ben 40 giorni il suo termine di pagamento. Nonostante ciò, la regione lucana si configura ancora come la peggiore debitrice regionale con 34 giorni di ritardo.

Ma vi sono differenze tra le regioni. Le competenze variano ad esempio tra regioni ordinarie e ragioni a statuto speciale. Quest’ultime hanno infatti maggiori competenze e si distinguono per tempistiche di pagamento più brevi. Vi sono inoltre casistiche particolari, ne è un esempio l’elevato numero di fatture emesse dalla regione Sicilia, dovuto in parte alla competenza riguardante i rifiuti, delegata a livello regionale a causa della critica situazione debitoria e organizzativa a livello comunale.

In definitiva, nonostante alcuni casi negativi come Basilicata e Molise, non è possibile imputare alla gestione regionale il dato aggregato sui ritardi nei pagamenti della Pubblica amministrazione.

Amministrazioni ed enti locali alla prova della pandemia
Vi sono poi importanti differenze anche all’interno di una stessa regione, è possibile che le imprese più esposte a certe amministrazioni siano più colpite di altre. I dati della Pcc sugli importi delle fatture e i ritardi di pagamento delle singole amministrazioni sono stati resi accessibili al pubblico solo da gennaio 2019. Possiamo quindi paragonare le fatture emesse nei primi sei mesi del 2020 con la stessa finestra temporale del 2019.

Nel 2019 solo tre categorie di enti hanno saldato in anticipo i debiti commerciali verso le imprese: le Università e i vari enti di ricerca pubblici, la Scuola, il settore ospedaliero. Nel 2020, la situazione peggiora in maniera omogenea, tutte le categorie fanno almeno un giorno di ritardo nei pagamenti delle loro fatture.

Carabinieri e Guardia di Finanza, Ministeri, e Università restano sotto la soglia dei 10 giorni di ritardo, mentre le aziende pubbliche e i comuni ne accumulano più del doppio. Questa forte differenza si spiega, probabilmente, col fatto che le amministrazioni locali, che già nel 2019 accumulavano maggiori ritardi, sono state quelle più colpite dalla pandemia Covid-19 perché hanno dovuto adattarsi improvvisamente a un nuovo modo di operare senza aiuti tempestivi. Non avendo a disposizione i dati sulla tipologia delle imprese che emettono le fatture questa resta, tuttavia, soltanto un’ipotesi.

Infine, si può considerare anche l’importo delle fatture in ritardo rispetto al totale per i vari enti. La maggioranza delle categorie della Pubblica amministrazione ha mantenuto invariato l’importo totale delle fatture oltre la scadenza nel 2020. Vi sono però significativi ritardi per la scuola, gli enti locali (categoria che include ad esempio Asl, camere di commercio o artigianato, ordini professionali ed enti locali previsti da leggi regionali) e le Aziende pubbliche.

I problemi di liquidità a livello locale espongono quindi a maggiori rischi le imprese soprattutto quando una crisi sistemica come la recente pandemia colpisce l’economia. Infatti, e per il meccanismo a cascata descritto in apertura, le imprese che hanno interagito con queste categorie di enti durante la pandemia hanno subito un grave aumento in crediti commerciali.

Quali opportunità offre il Pnrr?
Il ritardo nei pagamenti dei crediti commerciali costituisce quindi un fenomeno trasversale all’interno della Pubblica amministrazione italiana e richiede oggi lo sviluppo di soluzioni efficienti, anche in vista dell’opportunità che rappresentano i fondi del Next Generation Eu e la sfida implementativa del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Tra le prime azioni da perseguire è auspicabile completare il prima possibile la razionalizzazione delle piattaforme per il monitoraggio dei debiti commerciali della Pubblica amministrazione (da Pcc e Siope a Siope+), al fine di facilitarne la tracciabilità nonché semplificare i processi di acquisizione dei dati e ridurne i costi.

Da ultimo, sarebbe necessario rendere pubbliche le categorie di spesa relative alle fatture e la tipologia delle aziende fornitrici (attraverso partita Iva e codice Ateco). Ciò consentirebbe di condurre analisi più specifiche sui settori più esposti a rischio di ritardi e definire soluzioni più adeguate, nonché garantire una maggiore trasparenza delle informazioni relative ai pagamenti.

Ha collaborato all’articolo:
Francesco Mazzola: dottorando in Economia degli Intermediari Finanziari presso l’Università Erasmus di Rotterdam. Si è laureato in Finanza all’Università Nova di Lisbona e in Economia presso la LUISS Guido Carli. Ha svolto attività di policy presso la Banca Centrale Europea ed è stato borsista presso la Banca d’Italia.

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