Articolo pubblicato per Econopoly – Il Sole24ORE

L’Italia è nuovamente in emergenza, questa volta per via delle varianti del Coronavirus che sono arrivate anche nel nostro paese. Anche se il numero dei nuovi infettati – oltre 20mila casi –  è inferiore rispetto ai picchi passati, negli ultimi tempi vi sono stati numerosi rafforzamenti a livello locale delle misure di contenimento per tentare di arginare l’espandersi del contagio da varianti.

Con che criterio vengono chiuse le zone?

Un anno di coesistenza con il Coronavirus ci ha insegnato – a durissimo prezzo – la necessità di avere dei criteri chiari e obiettivi per la gestione delle aperture/chiusure. Se al momento il sistema a colori implementato dal Governo Conte II non sembra destinato a essere modificato dal Governo Draghi, la rilevazione di varianti del Coronavirus ha costretto a deviare dalla regola, prevedendo delle chiusure ad-hoc sulla base dei dati locali. Al 25 febbraio non sembra esserci un criterio chiaro da parte del Ministero della Sanità per la gestione delle restrizioni su base locale. Decisioni che sono quindi prevalentemente prese dalle Regioni sulla base dei dati a disposizione, di concerto con il governo centrale. Ma l’assenza di un criterio unico da implementare sul territorio nazionale potrebbe portare a inefficienze e ritardi nelle decisioni.

Tortuga ha creato la lista dei comuni e delle aree soggette a misure di contenimento rafforzato rispetto alla classificazione della singola regione a oggi. Abbiamo contato 82 aree – tra comuni, provincie e distretti sanitari – in cui i Presidenti delle Regioni hanno adottato provvedimenti, si parla di più di 2 milioni e mezzo di abitanti soggetti a misure particolari secondo stime di Tortuga (Figura 1). Se la maggior parte delle chiusure vengono identificate su base comunale, vi sono anche qui delle disparità. In Liguria, per esempio, si è scelto di affidarsi alla dimensione del distretto sanitario, mentre in Lombardia ai singoli comuni si sono accostate le provincie, come nel caso di Brescia.

L’implementazione di chiusure mirate, locali e tempestive rappresenta un approccio efficace nel contenere la diffusione del virus senza bloccare territori troppo ampi evitando anche che il contagio si propaghi in quest’ultimi. In un nostro report avevamo invitato all’utilizzo dei confini geografici dei Sistemi Locali del Lavoro (SLL) per identificare le “zone rosse”.

I movimenti per ragioni di necessità, lavoro, o altri motivi, consentiti dalla regolazione in essere, potrebbero infatti vanificare gli sforzi di contenimento se, nel predisporre tali chiusure comunali e provinciali, non si tiene conto degli spostamenti consentiti, soprattutto quelli lavorativi. Per questo motivo, già lo scorso anno avevamo ritenuto essenziale individuare un criterio che permettesse di delineare delle aree geografiche – delle aggregazioni di comuni – ove vi fosse il minor numero possibile di spostamenti al di fuori dell’area. I Sistemi Locali del Lavoro rispondono a questa necessità. I SLL non sono altro che un gruppo di comuni accomunati dal fatto che la maggior parte degli spostamenti lavorativi (il 75%) sono compiuti all’interno dell’area. In questo modo, gli spostamenti per motivi lavorativi rimangono per lo più all’interno dei confini del SLL di riferimento, cosa che non è detto accada per le province e per i singoli comuni.

Il criterio dei Sistemi locali del lavoro ha il valore aggiunto di suddividere i comuni in base agli spostamenti di necessità. Ciò vuol dire che permettere a un cittadino di muoversi all’interno di un ipotetico SLL in zona rossa, gli consente di andare a lavorare senza valicare i confini della zona di rischio. In più, dalla nostra analisi, è emerso che i confini provinciali non sono “migliori” rispetto ai SLL nello spiegare la diffusione del contagio, quindi a maggior ragione, gli SLL dovrebbero essere da preferire.

Essendo confini basati sulla mobilità casa-lavoro dei cittadini, i confini dei SLL riescono a catturare in qualche modo anche la diffusione del virus. Questo era già emerso dalla nostra analisi condotta sui dati sulla mortalità nei SLL di appartenenza delle prime zone ad alta diffusione del virus (ad esempio Codogno, Nembro, Alzano e Bergamo).

Venendo a oggi, guardando a quelle che sono al momento le province o i comuni in zona rossa o in zona arancione rafforzata, si nota che molti comuni o aree fanno parte degli stessi SLL. In particolare, quasi tutti i comuni appartenenti ai SLL di Grumello del Monte, Imola e Termini sono stati isolati a causa dei dati critici. Sebbene la maggioranza dei comuni siano stati inclusi, permangono comunque aree dove vi è un alto flusso di mobilità per motivi di lavoro che non sono assoggettate a restrizioni. La funzionalità dei Sistemi locali del lavoro risiede proprio qui: fornire un criterio obiettivo per chiudere tempestivamente un gruppo di comuni non appena si individua l’insorgere di un focolaio.

Un esercizio numerico

Cosa comporterebbe utilizzare i SLL per gestire le chiusure a livello locale? Abbiamo provato ad applicare i SLL quale criterio per la gestione delle chiusure sulla base dei dati attuali. Considerando i Comuni individuati (Figura 1) sarebbero 26 i SLL coinvolti. Di questi, alcuni sono rappresentati in larga parte (i SLL di Grumello del Monte presenta 7 comuni su 21 coinvolti, Imola 7 su 10 e Termini 10 comuni su 31).

Se si considerano interamente solo i SLL più rappresentati e si aggiunge la popolazione dei singoli comuni dove non si registrano molteplici comuni con misure rafforzate all’interno dello stesso SLL, si raggiunge un totale di 2,5 persone coinvolte. Se invece si considerasse interamente la popolazione di tutti e 26 i SLL, il totale di individui coinvolti dalle restrizioni ammonterebbe a circa 7,8 milioni di persone.  Come usare allora i SLL come criterio?

Un primo approccio potrebbe essere quello di chiudere interamente solo i SLL che hanno un numero sufficientemente alto di comuni che presentano un alto numero di contagi e procedere invece con chiusure comunali per le singole municipalità che appaiano “isolate” all’interno del SLL di appartenenza (ad esempio Bollate è l’unico comune in zona rossa nel SLL di Milano). Questo permetterebbe di ottemperare le esigenze maggiormente economiche con le necessità di prevenzione. Tuttavia, i SLL sono aree definite in modo da catturare gli spostamenti lavorativi tra diversi comuni. Quindi, anche se vi fossero municipalità isolate con misure rafforzate all’interno di un SLL, gli spostamenti per motivi di necessità e di lavoro avverrebbero comunque. In ottica preventiva quindi, nonostante ciò coinvolgerebbe più persone, potrebbe essere appropriato applicare immediatamente le restrizioni delle zone rosse e di quelle arancioni rafforzate a tutti i Sistemi locali del lavoro che presentino uno o pochi comuni a rischio.

L’adozione dei SLL quale criterio geografico permetterebbe di risparmiare tempo nell’individuazione di quali gruppi di comuni chiudere, garantendo comunque gli spostamenti lavorativi all’interno. Ciò comporterebbe una maggiore sicurezza e un più efficace contenimento del contagio.

Conclusioni

In conclusione, riteniamo che l’utilizzo dei Sistemi locali del lavoro come criterio per individuare i comuni da porre sotto condizioni particolari sia vantaggioso per tre motivi.

In primis, l’obiettività. I SLL sono individuati da Istat e associano ciascun comune italiano a un’area.

In secondo luogo, la tempestività. Soprattutto nel caso di varianti, alcune più contagiose, è essenziale agire fin dall’insorgere dei primi focolai per arginare la diffusione. I SLL permettono di individuare aree che per la loro costruzione assicurano che gran parte degli spostamenti lavorativi siano contenuti entro determinati confini.

Infine, vi è il beneficio della standardizzazione. Se a tutte le regioni fosse indicato l’uso dei Sistemi locali del lavoro quale criterio per attuare misure più severe di contenimento, non vi sarebbero disparità di scelta e si assicurerebbe un’azione più coordinata e sistematica.

Vi sono comunque limiti da risolvere, come avevamo evidenziato in precedenza. Alcuni Sistemi locali del lavoro sono ripartiti tra le competenze di differenti Aziende Sanitarie, mentre alcuni travalicano i confini regionali (ma sono pochi questi casi). Cionondimeno, riteniamo che queste siano difficoltà gestibili tramite una efficace pianificazione – che già sarebbe dovuta essere condotta. Sebbene la campagna di vaccinazione sia cominciata, la nostra convivenza con il coronavirus dovrà protrarsi per ancora qualche tempo. È dunque essenziale limitare il più possibile l’ulteriore aggravarsi delle perdite economiche ed umane che già il Covid-19 ci ha inferto.

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