Articolo pubblicato per Linkiesta

Sono in fase di sviluppo i reattori di IV generazione, che porteranno un ulteriore miglioramento della sicurezza dell’impianto e la minimizzazione degli scarti radioattivi. Ci sono anche gli ”Small Modular Reactors”: reattori di piccola taglia che permettono una produzione più conveniente in fabbrica. Serve però un supporto finanziario, regolatorio e di policy da parte degli Stati

Questo è il terzo articolo della serie sul nucleare sviluppata dal think tank Tortuga per Linkiesta. La serie illustra perché l’energia nucleare sia necessaria oggi per una transizione energetica efficace, quali posizioni stia adottando l’Italia a riguardo e quali strategie alternative esistono.

Negli articoli precedenti (qui e qui) abbiamo tentato di capire perché l’energia nucleare sarà importante nel raggiungimento degli obiettivi climatici, guardando poi alla storia e allo stato del nucleare in Italia. In questo terzo e ultimo articolo guardiamo invece al futuro: quali sono le prospettive per l’energia atomica? Quali le possibilità?

Dati e numeri sulle centrali nucleari
Come in ogni stima, per poter parlare di scenari futuri occorre prima guardare ai dati attuali. Secondo un report della International Atomic Energy Agency (Iaea), alla fine di dicembre 2019, si contavano 443 reattori in funzione in 30 stati differenti, per una capacità totale di 392,1 GW(e). Nel 2019 circa il 10% dell’elettricità mondiale consumata è provenuta da impianti nucleari. 

Ma non tutte le centrali sono uguali, e non tutte sono nuove. Infatti, più del 65% dei reattori attivi ha più di 30 anni. Di questi, il 17% ha più di 40 anni. Secondo i dati Iaea del 2018, delle 450 centrali attive, 229 erano localizzate negli Stati Uniti e in Europa occidentale, mentre 212 si trovavano tra Europa orientale (prevalentemente Russia) e Asia.

Fonte: Iaea

Negli ultimi 10 anni la capacità totale mondiale è cresciuta, ma dal punto di vista geografico la crescita del nucleare sembra essere spaccata in due. Da una parte, il blocco occidentale (con paesi europei, Canada, Usa) assiste a una fase di stagnazione o declino nella capacità installata. Dall’altra, i paesi asiatici sono in forte crescita. Alla fine del 2019, ben 35 di 54 nuovi reattori in costruzione erano localizzati in Asia.

Fonte: Iaea

Come ricordavamo nel primo articolo di questa serie, gli scenari energetici che riescono a centrare i target climatici richiedono un aumento della capacità installata. La Iaea ha sviluppato delle proiezioni che stimano due possibili scenari per capacità installata di nucleare: uno definito “basso”, più conservativo, l’altro “elevato”, più ambizioso. Nel primo si stima una iniziale riduzione della capacità installata fino al 2040, seguita da una ripresa. Nel secondo, invece, una forte crescita, fino all’80% in più nel 2050 rispetto al 2018. 

Per sostenere questa crescita occorrerà investire in nuovi impianti o rinnovare gli esistenti. Come dicevamo però, più di due terzi dei reattori attivi ha più di 30 anni, con tecnologie spesso datate, e alcuni impianti verranno dismessi. Per compensare queste riduzioni è chiaro che nuovi investimenti dovranno essere effettuati. 

Le nuove tecnologie
La tecnologia nucleare ha fatto salti avanti rispetto agli impianti del secolo scorso. Con la costruzione della centrale di Kashiwazaki (Giappone) nel 1996, è stata inaugurata una nuova generazione di reattori, la cosiddetta Generazione III/III+. Tale classe di reattori presenta notevoli avanzamenti rispetto alla precedente Tra questi, l’evoluzione più importante  è  l’inserimento di sistemi di sicurezza passivi. Questi, in caso di necessità, entrano in azione senza bisogno dell’intervento di operatori o sistemi elettronici. Detto in parole semplici, il reattore è costruito in modo tale che, se dovesse esserci un surriscaldamento dello stesso, la reazione nucleare tenderebbe a spegnersi proprio a causa delle leggi fisiche che la governano.

La ricerca in ambito nucleare non si è fermata a questo. Attualmente sono in fase di sviluppo i reattori di IV generazione, che secondo Gif (Generation IV International Forum) potrebbero entrare in commercio nel 2030. Questi, sempre secondo il forum, si pongono come obiettivi l’ulteriore miglioramento della sicurezza dell’impianto e la minimizzazione degli scarti radioattivi. Inoltre, alcuni dei reattori di questa generazione possono operare a elevate temperature: questo li rende potenzialmente interessanti per la produzione di idrogeno a zero emissioni e per la cogenerazione (generazione di calore sfruttabile in processi industriali, oltre che di elettricità).

Tipicamente, i reattori nucleari vengono impiegati in enormi centrali (dell’ordine di 1.000MW di potenza e più) che per via della loro dimensione e complessità necessitano di costruzione in situ. Va considerato anche che, negli ultimi anni, i costi unitari medi di questo genere di impianti sono saliti considerevolmente, nonostante la maggiore capacità installata.

Questo fenomeno, di gran lunga più acuto proprio all’interno di quei paesi come l’Ue, gli Usa e il Canada, è principalmente dovuto a standard e requisiti minimi di sicurezza che negli anni sono diventati sempre più stringenti. Questi ultimi, rafforzati già a partire dagli anni 2000 e soprattutto a seguito dell’incidente di Fukushima del 2011, hanno portato al rallentamento dei lavori in molti siti in costruzione, a un aumento dei loro costi iniziali (es. rendendo obbligatorio per legge l’utilizzo di strutture di contenimento potenziate) e quindi a un aumento considerevole dei loro costi finanziari. Alcune stime riportano che dal 2004 al 2011 i costi di investimento dei reattori europei di ultima generazione sono addirittura raddoppiati

Un approccio modulare
A oggi, però, sembra prendere forma una seconda strada: gli Small Modular Reactors (letteralmente “piccoli rettori modulari”). Gli SMRs sono reattori di piccola taglia con una capacità uguale o inferiore a 300MW (per intenderci, una capacità che al suo massimo può raggiungere poco meno di un terzo di una centrale media di larga scala). Esistono più di 50 design di SMRs al mondo. Alcuni di essi sono in stati avanzati di sviluppo, mentre altri sono prossimi alla  licenza o sono addirittura già operanti (come per esempio la Akademik Lomonosov, la prima centrale nucleare galleggiante al mondo). 

Il principale vantaggio degli SMRs è proprio la loro dimensione ridotta, che, grazie a un approccio di design modulare e standardizzato, permette una produzione più conveniente fabbrica. Questa caratteristica, se sfruttata al suo massimo, renderebbe gli SMRs più competitivi rispetto a centrali nucleari di larga scala grazie al materializzarsi di economie di scala e di serie. Secondo alcune fonti, questi effetti potrebbero essere così forti da ridurre i costi di investimento iniziali di un dato SMRs del 5-10% per ogni raddoppio della sue unità prodotte. In più, le loro dimensioni ridotte rappresentano un vantaggio anche per la sicurezza. Non solo in caso di incidente i danni all’ambiente circostanti sarebbero considerevolmente più contenuti, ma la loro scala permetterebbe anche di dotarli di sistemi di sicurezza passiva più performanti. 

Per quanto riguarda le loro applicazioni, gli SMRs sono molto flessibili, in tutti i sensi. Da un lato, infatti, potrebbero rappresentare un ottimo modo per fornire elettricità pulita 24/7 a realtà geografiche isolate. Dall’altro, se inseriti in serie (es. in insiemi di 4-5 unità) all’interno di uno stesso impianto, sarebbero anche in grado di sostituire centrali nucleari di più grande scala, risultando più competitivi in termini di flessibilità di produzione (i.e. sarebbe più facile spegnere o riaccendere uno dei 4/5 moduli a seconda delle necessità di domanda) e in termini di costo del capitale. Infatti, in caso di costruzione di un nuovo sito, il primo SMR installato di una serie potrebbe cominciare a generare elettricità, e quindi cash flow positivi, già prima che l’intero impianto venga completato.

Ma l’innovazione richiede supporto
Come tutte le innovazioni in ambito nucleare però, gli SMRs avranno bisogno di una grande supporto statale per il loro sviluppo. Un supporto su tre livelli: finanziario, regolatorio e di policy. Senza stati disposti a mandare segnali positivi agli investitori e, allo stesso tempo, intenzionati a favorire legalmente un mercato libero globale degli SMRs, questa tecnologia faticherebbe a decollare. Attualmente, senza le economie di scala e di apprendimento, infatti, il costo unitario dei prototipi di SMR è ancora troppo elevato per poter affidare il loro sviluppo ai soli privati. 

L’energia nucleare ha dunque davanti a sé molte strade. Per capire come si evolverà questo settore è importante aspettare di comprendere a pieno l’impatto dell’emergenza Covid-19 su di esso. Da una parte, il rischio, secondo la Iea, è che una prolungata crisi economica rischi di rallentare ulteriormente gli investimenti nel nuovo nucleare, soprattutto nei paesi dell’Ocse. Dall’altra, come abbiamo già menzionato nel nostro primo articolo, una ripresa economica rispettosa degli accordi di Parigi del 2015 non potrà prescindere da un ampliamento delle flotte nucleari esistenti e dallo sviluppo di tecnologie competitive e sicure.  

*l’articolo è stato scritto con il contributo di Luca Bertoni. Bresciano, classe 1997, studente all’università di Utrecht del MSc in Energy Science

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