Articolo scritto per Econopoly – Il Sole 24 Ore

Durante queste ultime settimane, i costi umani legati alla pandemia del COVID-19 sono aumentati a un ritmo allarmante. Dal punto di vista macroeconomico, l’emergenza sanitaria legata al coronavirus rappresenta un grave shock per il mondo e per le economie dell’Area Euro con un duplice impatto negativo sia sulla domanda che sull’offerta.

Cercheremo qui di spiegare l’effettività del pacchetto di misure messe in atto dalle istituzioni europee e proveremo poi a capire perché questa pandemia può aprire una finestra per l’Europa per ripensare gli strumenti di armonizzazione fiscale.

La via stretta della politica monetaria

Giovedì, la Bce ha annunciato un pacchetto di misure finalizzate al contenimento dello shock economico, soprattutto sul lungo termine. Ovviamente, l’azione monetaria della Bce richiede uno sforzo fiscale congiunto da parte dei paesi membri, cercando di garantire che il calo della spesa aggregata del settore privato non sia amplificato in modo prociclico.

Gli sforzi della Bce si sono concentrati su tre punti fondamentali:

  1. salvaguardare le condizioni di liquidità nel sistema bancario attraverso una serie di operazioni di rifinanziamento a lungo termine con scadenza triennale a prezzi favorevoli;
  2. proteggere il continuo flusso di credito verso l’economia reale attraverso un riequilibrio delle cosiddette operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (TLTRO);
  3. un aumento del programma di acquisto di asset (noto come Quantitative Easing) al fine di evitare che le condizioni di finanziamento per l’economia si restringano in modo prociclico.

È evidente quindi che la Bce ha voluto dare piena sicurezza ai mercati nel garantire liquidità al sistema. Infatti, considerando le minori entrate per il settore produttivo e la mancanza di reddito che stanno iniziando ad affrontare varie famiglie, un chiaro sostegno all’offerta di credito può evitare lo scenario di stretta creditizia da parte degli istituti bancari.

Inoltre, i tassi di interesse di breve termine sono rimasti inalterati, dato che la Bce ritiene che il canale del tasso di interesse sia poco rilevante nell’alleviare gli shock dovuti alla pandemia, in quanto è previsto che tali shock non saranno persistenti. Quest’ultima decisione appare in contrasto con quanto messo in atto dalla Bank of England che ha tagliato il tasso d’interesse di mezzo punto percentuale, scendendo a 0.25%, con l’obiettivo di stimolare i prestiti alle banche e quindi ai cittadini e contenere eventuali contrazioni legate al virus.

Nonostante le diverse manovre messe in atto, le dichiarazioni della Presidente Lagarde non hanno dato sollievo ai bond italiani, il cui spread vis à vis quelli tedeschi ha subito un forte rialzo a seguito della conferenza stampa in cui sono state annunciate le manovre. L’avventata affermazione “we are not here to close spreads ha gettato risparmiatori e mercati in un mare in tempesta, e la Borsa di Milano ha chiuso la giornata a –16.92%. Tuttavia, il capo economista di Francoforte ha provveduto a mitigarne gli effetti, pubblicando una nota di chiarimento.

Alla ricerca di un coordinamento fiscale

Al di là della gaffe comunicativa, ricordiamo che la risposta allo shock dovrebbe essere primariamente fiscale; è necessario un pacchetto di interventi ambizioso e coordinato da parte delle autorità fiscali dell’Eurozona. Dalle varie capitali europee partono, in effetti, audaci commitment (Germania e Italia per primi), mentre sembra mancare la stessa ambizione a livello europeo.

Dall’annuncio della Commissione sulle misure che verranno prese a livello comunitario vi è un’importante concessione in termini di flessibilità delle regole di bilancio. Vi sono infatti diverse clausole che permettono di espandere significativamente il deficit data la situazione straordinaria; è persino in discussione una totale sospensione del Patto di Stabilità e Crescita. Questa è sicuramente una buona notizia, ma riporta con maggiore forza la responsabilità al solo livello nazionale. Per quanto riguarda l’Iniziativa di Investimenti in Risposta al Coronavirus, si prevede la mobilitazione di solo 8 miliardi di fondi già stanziati per il Bilancio Europeo – quindi non vi è un’immissione di liquidità aggiuntiva nell’economia. Tra le misure dalle dimensioni più modeste, vale la pena sottolineare il potenziamento da 1 miliardo all’Eif (fondo per gli investimenti europei), volto soprattutto ad alleviare le condizioni di credito delle Pmi e delle aziende di medie dimensioni, e un impegno ad accelerare l’iter legislativo per uno schema europeo di (ri)assicurazione contro la disoccupazione.

Bruxelles è ancora una volta sotto la sindrome del “too little, too late”. Troppo poco il miliardo per tutta l’Unione di garanzia ai prestiti delle PMI, troppo tardi arriverà lo schema comunitario contro la disoccupazione, se mai fosse in grado di riscuotere consenso tra tutti gli stati membri. Eppure ci potrebbero essere le premesse giuste: Parigi e Berlino sembrano pronte a lanciare un’iniziativa per l’Area Euro su larga scala. In uno scenario ideale, l’azione comunitaria dovrebbe essere orientata al sostegno degli stati membri in due fasi: sostenere le economie nazionali durante la fase di contagio e aiutare il successivo periodo di “ricostruzione”.

In primo luogo, bisognerebbe consentire ai singoli paesi di attuare le misure necessarie senza vincoli di indebitamento. Rilassare i vincoli di Maastricht è benvenuto, ma non sufficiente: bisogna ribadire con forza che la BCE, tramite l’OMT, può intervenire in casi di estrema necessità nell’acquisto di titoli di stato e ridurre spread insostenibili. Questo consentirà ai paesi di indebitarsi a basso costo. Un segnale ancora più forte in tal senso – e qui entrano in gioco i governi nazionali – sarebbe quello di disancorare per l’occasione (non strutturalmente) l’OMT dalla forte condizionalità attuale, e lasciare il semplice impegno di tornare a livelli di spesa sostenibili una volta finita l’emergenza. Semplificando, la Bce andrebbe a ridurre il nostro spread senza l’intervento della Troika. Questi meccanismi scatterebbero solo in casi limite, ma la loro stessa adozione ridurrebbe la probabilità di scenari simili.

Una scelta operativa potrebbe essere quella di affiancare la Bce nel suo sostegno alle Pmi. Come abbiamo visto, infatti, nell’ultimo pacchetto la Bce ha adottato forti misure (TLTRO) per evitare una stretta creditizia alle piccole e medie imprese. Questo importante sforzo dovrebbe esser coadiuvato da una garanzia a livello europeo per tali prestiti, indispensabili a tenere in vita il tessuto produttivo di tutta l’Unione. Sebbene si tratti di un’importante passo verso la mutualizzazione del rischio – auspicabile, ma facilmente opponibile dai paesi del Nord – vi sono vari elementi a sostegno di una scelta simile. Il Fondo Europeo degli Investimenti sarà (modestamente) potenziato proprio per una parziale garanzia di questi prestiti. Molti paesi (tra cui GermaniaUKItalia) stanno agendo in maniera simile nei confronti dei rispettivi sistemi economici. Soprattutto, risulta esser prioritario sostenere e proteggere le proprie aziende di fronte a shock di simile portata sulle catene di approvvigionamento e sull’offerta aggregata.

L’effetto di queste due misure si andrebbe a riversare soprattutto nel periodo iniziale di diffusione del virus – quindi durante il congelamento delle attività economiche – raggiungendo quel coordinamento tra politiche fiscali e monetarie con cui si è alimentato il dibattito macroeconomico ben prima del Covid-19 e che ora sembra indispensabile.

Per la ricostruzione serve invece un passo ulteriore. Occorre creare una capacità fiscale europea. Per una volta, l’attendismo dei decisori europei ci viene in soccorso: ad oggi non è stato ancora trovato un accordo per il budget europeo 2021-2027. È arrivato finalmente il momento di renderlo anticiclico (ne parliamo qui): la spesa dovrebbe concentrarsi in periodi negativi del ciclo economico – come sarà per il 2020 e forse il 2021 – e contrarsi nei periodi di espansione. Per spostare da un anno all’altro le risorse, ovviamente, sarà necessario un Eurobond (ne parliamo qui). Solo in questo modo potremo assistere ad una rapida ripresa della produzione e dei consumi in Europa: una risposta comunitaria infatti interverrebbe anche al livello della fiducia.

Si tratta di proposte ambiziose, ma è di ambizione che abbiamo bisogno. Meglio peccare in eccesso che in difetto: a “we do not close spreads” preferiremo sempre “whatever it takes”.

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