Articolo scritto per Linkiesta

Il programma Ue di studio all’estero per gli studenti rischia di non essere rinnovato nel Paese a causa dell’uscita dalla Ue. Con penalizzazioni evidenti sia per i giovani inglesi sia per quelli europei.

Settembre 2020 potrebbe presentarsi con un’opportunità in meno per tutti gli studenti universitari, europei e inglesi. Infatti, a seguito di un voto in Parlamento, il Regno Unito non sarà tenuto a negoziare la propria partecipazione al programma Erasmus+ con l’Unione Europea. Un voto che quindi non esclude direttamente il Regno Unito dal programma, ma apre a possibili futuri scenari.

Un problema in uscita, più che in ingresso

Cos’è Erasmus+ e quali sono gli obiettivi? Negli ultimi 7 anni, Erasmus+ ha permesso a 2 milioni di studenti universitari, 800.000 docenti e 650.000 tirocinanti di accrescere le proprie competenze all’estero, sia grazie al network di Università e aziende partecipanti al programma, che agli investimenti europei. Per l’ultimo ciclo (2014-2020), l’Ue ha investito 14.7 mld di euro e per il prossimo ciclo (2021-2027) la Commissione Europea ha proposto di portarlo a 30 miliardi. Risorse necessarie per tentare di accrescere i partecipanti, visto che ancora troppi pochi giovani europei ne prendono parte. Gli obiettivi? Sono ambiziosi: ridurre la disoccupazione giovanile, incentivare la partecipazione alla vita democratica europea e sostenere innovazione, collaborazione e riforme. Un programma di successo, secondo la valutazione della Commissione: oltre il 90% dei beneficiari sono soddisfatti della loro esperienza e la transizione tra istruzione e lavoro risulta più breve rispetto ai non partecipanti. Infatti, tra i beneficiari, il 68,5% ha impiegato meno di tre mesi a trovare lavoro, mentre si scende al 59,2% per quelli che non hanno partecipato al programma. Al termine del periodo di mobilità vengono anche registrate una maggiore «propensione a lavorare o a studiare all’estero» (+31%) e un maggiore senso di appartenenza all’Europa (+19%).

Un programma utile ai giovani europei. Ma è veramente così centrale anche per il Regno Unito? Vediamo qualche numero. La maggior parte degli studenti internazionali che scelgono di studiare nel Regno Unito (66% nel 2017) non provengono da stati europei: la Cina da sola conta per il 28% degli studenti internazionali iscritti al primo anno di università. Gli studenti europei sono il 27%, principalmente tedeschi, francesi e italiani, mentre solamente il restante 6% è dato da studenti in mobilità attraverso il programma Erasmus+. Chi decide di studiare nel Regno Unito, anche tra gli studenti europei, lo fa spesso per l’intero percorso di studi, senza utilizzare quindi Erasmus+, che ricopre solamente un ruolo marginale nell’attrarre studenti internazionali verso università inglesi.

Al contrario, per quanto riguarda gli studenti inglesi che trascorrono periodi di mobilità all’estero, circa il 50% lo ha fatto attraverso il programma Erasmus+. Inoltre, sono gli studenti più svantaggiati a trarre i benefici maggiori da un periodo di mobilità: per loro la differenza di salario iniziale è del 6% rispetto a chi non ha trascorso periodi di mobilità, mentre è del 3% per gli studenti non svantaggiati. Sicuramente il programma Erasmus+ ha giocato un ruolo importante nell’ottenimento di questi risultati. Il valore del programma per il Regno Unito consiste quindi non tanto nel facilitare l’ingresso di studenti stranieri, quanto nel permettere agli studenti inglesi di poter svolgere una parte dei propri studi in università europee.

Alcune possibilità, ma poco tempo a disposizione

Come avverrà l’uscita? Il Regno Unito dovrebbe lasciare formalmente l’Unione entro il 31 gennaio, dopo che il parlamento britannico avrà approvato il disegno di legge e quello europeo sarà stato notificato. Ma non ci sarà nessuna brusca interruzione. Verrà garantita continuità ai programmi già finanziati in questo anno e che rientrano quindi nel piano 2014-2020 grazie all’approvazione di un Regolamento (“Eramsus+ Contingency Regulation”). Lo scopo della normativa è quello di assicurare la possibilità di terminare l’esperienza a tutti quegli studenti che intrattengono un rapporto con il Regno Unito (in ingresso e in uscita) al momento della Brexit.

E nel futuro? Come rimarcato dal Dipartimento dell’Istruzione, il Regno Unito intende proseguire la propria partnership accademica con l’Unione. Una delle possibilità è che il governo aderisca nuovamente al programma Erasmus in qualità di “programme member”, come già fatto da paesi non appartenenti all’Unione quali Islanda, Serbia, Turchia e Norvegia. Il problema principale rimane il tempo. Qualora il Regno Unito uscisse dall’Ue entro il 31 gennaio, vi sarebbe meno di un anno per completare le procedure di ammissione al prossimo programma 2021-2027. Ci potrebbe essere allora un periodo di transizione senza accordi, né fondi. Questo è il problema più urgente da risolvere al momento. L’idea di replicare gli obiettivi del programma tramite molteplici accordi con singoli paesi sembra essere fuori questione, sia per le difficoltà amministrative che per la lunghezza del procedimento. Non basterebbero infatti i fondi e le borse di studio per replicare il valore del programma e le partnership costruite in questi ultimi trent’anni.

A volte il valore non sta nel numero

Il problema è urgente soprattutto se si considerano le conseguenze sociali e culturali che un’uscita avrebbe per gli studenti inglesi, ma anche per quelli europei. I veri benefici dell’Erasmus sono quelli legati alle opportunità di sviluppo e scambio per i partecipanti inglesi, la metà dei quali studia in Europa grazie a questo programma. Questi benefici sono chiaramente più difficili da quantificare, ma la loro perdita sarebbe dannosa.

C’è anche il timore che l’uscita della Gran Bretagna da Erasmus+ avrebbe un impatto sproporzionato sugli studenti che provengono da background svantaggiati o su quelli con esigenze mediche o disabilità. Al momento, infatti, questi studenti possono ricevere finanziamenti aggiuntivi dal programma Erasmus, che ha lo scopo di garantire che le opportunità di mobilità siano inclusive e accessibili a tutti. Al contrario, i programmi di scambio non-Erasmus offerti dalle università inglesi spesso richiedono l’aggiunta di un anno al percorso di studi e spesso non offrono borse di studio per coprire queste spese aggiuntive. Allo stesso tempo, senza il programma Erasmus, solo gli studenti europei con maggiori risorse alle proprie spalle potrebbero permettersi un periodo di studio nelle università inglesi.

Insomma, con l’uscita dal programma il Regno Unito non perderebbe studenti internazionali, ma i giovani inglesi, gli stessi che si sono dimostrati più contrari alla Brexit, sarebbero privati di esperienze accessibili di scambio in Europa (nonché gli europei di possibilità di accesso a costo limitato alle università inglesi). Al di là dei numeri illustrati in questo pezzo, noi giovani di Tortuga ci sentiamo di dire – da studenti che spesso ne hanno beneficiato – che, sebbene il valore dell’Erasmus sia difficile da quantificare, rappresenta un’opportunità formativa e culturale unica nel percorso universitario di uno studente europeo. Istruzione e cultura sono elementi fondamentali per il futuro lavorativo di un giovane, come abbiamo illustrato nel nostro libro in uscita a febbraio. Qual è il valore di uno scambio culturale? Il valore di nuove amicizie, di nuove opportunità e conoscenze, di apertura a nuovi confronti e orizzonti. Valori attorno a cui l’Europa è stata formata. L’Erasmus contribuisce ad alimentare il sentimento europeo soprattutto per coloro che viaggiano poco. Un elemento essenziale per l’esistenza di una comunità internazionale così estesa e variegata. Al di là della Brexit, il Regno Unito resta parte dell’Europa e della comunità europea. Rinunciando a fare parte del programma Erasmus+, la Gran Bretagna rischierebbe di isolarsi ancora di più.

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