Articolo pubblicato sull’Huffingtonpost

Nel Consiglio dei ministri del 30 settembre il governo ha approvato la cosiddetta Nadef, la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, un documento che delinea gli obiettivi principali della legge di bilancio che sta per arrivare.

Rispetto al Def pubblicato ad aprile molto è cambiato. Il balzo di maggioranza (da gialloverde a giallorossa) ha modificato le priorità politiche dell’esecutivo: alcuni temi sono scomparsi (flat tax, critiche all’Ue) altri sono diventati centrali (ambiente, lotta all’evasione fiscale).

Allo stesso tempo lo scenario internazionale vive un momento di prolungata difficoltà (si pensi alla “guerra” doganale tra Usa e Cina), che ha costretto il governo ha ridurre le stime di crescita.

Inoltre, nel redigere la Nota il neo ministro all’Economia Gualtieri ha anche dovuto fare i conti con una pesante eredità dei governi precedenti (del Conte I, ma anche, è bene ricordarlo, dei governi Renzi e Gentiloni), ovvero le cosiddette clausole di salvaguardia dell’Iva. Lo scenario, dunque, non è dei più facili e il governo si è mosso con molta prudenza.

Le entrate

La domanda fondamentale che si pone in questi casi è: dove si trovano i soldi? Il nuovo governo ha avuto poco tempo per capire dove reperire le risorse, ma per ora sembra che le principali fonti di finanziamento saranno il maggior deficit e la lotta all’evasione fiscale.

Da un lato va riconosciuta all’esecutivo la capacità di essere riuscito a fissare un obiettivo di indebitamento relativamente elevato senza creare allarmismo sui mercati. Ciò è stato possibile anche mantenendo un atteggiamento serio e collaborativo nei confronti della Commissione europea.

Dall’altra parte, però, non si può dimenticare che almeno 14 dei 28 miliardi della manovra sono stati coperti in debito. Le restanti risorse vengono invece da un ottimistico piano di contrasto all’evasione che ha come pilastro l’incentivo all’uso della moneta elettronica.

Il governo spera così di ricavare circa 7 miliardi di euro, una cifra molto alta se consideriamo che una misura molto efficace nel contrasto all’evasione come la fatturazione elettronica ha portato un gettito di 2 miliardi e mezzo annui.

Il governo spera di rendere conveniente l’utilizzo di metodi di pagamento tracciabili in modo da ridurre l’evasione che in Italia è in gran parte ascrivibile a omessa fatturazione o omessa dichiarazione da parte di partite Iva, lavoratori autonomi e imprese.

Se per l’omessa dichiarazione è stata introdotta la fatturazione elettronica capace di individuare facilmente chi fattura e non dichiara, il governo punta adesso a intervenire sull’omessa fatturazione disincentivando i clienti ad accettare prestazioni in nero garantendogli un ritorno economico a fine anno.

Nonostante l’obiettivo lodevole però, sembra difficile che il governo sia in grado davvero di ottenere un risultato così importante in poco tempo, nonostante il bacino dell’evasione sia stimato in oltre 100 miliardi di euro. Sulla credibilità di questa misura peraltro potrebbe svolgersi una partita importante nei prossimi mesi nel negoziato con l’Europa.

La Commissione europea potrebbe infatti spingere per un piano più ambizioso di spending review rispetto al poco coraggioso obiettivo di 2 miliardi di euro di tagli.

Le uscite

Sul fronte delle spese previste la Nadef fornisce un po’ più di chiarezza. Due sono le priorità di spesa individuate in maniera chiara per l’anno prossimo: l’abolizione dell’aumento dell’Iva (23 miliardi di euro) e il taglio delle imposte sul reddito (poco più di 2 miliardi). Si prevede anche di ridurre le rette degli asili nido per le famiglie meno abbienti e il cosiddetto Green New Deal, di cui però ancora non vengono forniti dettagli precisi di spesa nonostante sia uno dei provvedimenti più citati nella Nota.

Il primo è il punto più noto. L’attuale governo è nato per evitare l’aumento delle imposte sui consumi, che sarebbero regressive e ridurrebbero il Pil dell’anno prossimo di quasi mezzo punto percentuale. L’aumento viene scongiurato in toto e sembra tramontata anche la rimodulazione tra le aliquote che avrebbe potuto portare maggiore coerenza (ed equità) al sistema.

Potremmo davvero valutare l’intervento del governo però solo quando sapremo come sono state disinnescate queste clausole: in modo strutturale o con interventi una tantum? Una domanda fondamentale, perché nel secondo caso avremmo soltanto posticipato il problema.

L’anno prossimo ci attende un conto ancora più salato da pagare: 28 miliardi di euro. Se il governo – come afferma il ministro Gualtieri – riuscisse a coprire anche parte degli aumenti di Iva per il 2021 in modo strutturale (si parla di almeno 14 miliardi coperti), saremmo davvero di fronte all’opportunità importante di lasciarci alle spalle l’aberrante meccanismo delle clausole di salvaguardia che attanaglia l’Italia dal 2011 (governo Berlusconi).

Poi c’è il taglio del cuneo fiscale. Quasi 2 miliardi e mezzo nel 2020 e il doppio l’anno dopo, la riduzione prospettata, cioè 250 euro (e 500 nel 2021) per chi ha un reddito minore a 26mila euro.

L’obiettivo è corretto: il cuneo fiscale italiano è circa 10 punti percentuali più alto della media Ocse. Lo strumento, invece, non si sa ancora. Le indiscrezioni di stampa infatti si dividono tra un bonus unico annuale che andrebbe a cadere nel mese di luglio e l’aggiunta mensile in busta paga, con importi più bassi ma continui. Ad ogni modo, la maggiore crescita del Pil legata alla misura dovrebbe essere trascurabile: +0,1% all’anno.

Conclusioni

Nel complesso la Nadef appare un documento serio e prudente ma allo stesso tempo vago. Serio perché non nasconde le difficoltà che il nostro paese sta affrontando, non forza le previsioni di crescita al rialzo come era successo con lo scorso esecutivo e pone delle priorità precise (ambiente, lavoro, equilibrio dei conti).

Prudente, nel bene e nel male, perché non si impegna in riforme rivoluzionarie ma punta a tenere la barca al riparo da possibili tempeste tra cui, appunto, l’aumento dell’Iva (relativamente al quale altri sforzi comunque serviranno in futuro).

Vago perché delle molte riforme annunciate (l’elenco a pagina 11 della Nadef ne contiene ben 23 pochi sono i dettagli forniti). Addirittura una di esse, quella del catasto, è stata già smentita dal viceministro all’Economia Antonio Misiani: non un segnale di risolutezza per il governo da poco insediato.

I prossimi mesi saranno decisivi per capire cosa effettivamente il governo riuscirà a portare a casa: ci attendono la presentazione alle Camere del disegno di legge di bilancio entro il 20 ottobre e poi la sua approvazione entro il 31 dicembre.

Co-autore dell’articolo è Andrea Gorga, classe 1993 di Caserta, laurea all’università di Trento e poi alla LSE, oggi all’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani. Per il think tank Tortuga – tramite il quale pubblica questo contributo – si occupa di finanza pubblica.

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