Articolo pubblicato su lavoce.info
Un insegnante italiano guadagna, in media, molto meno di un lavoratore laureato. Il divario non è però uguale per tutti. Chi ha una laurea umanistica ha uno stipendio più alto degli ex colleghi di università. Per i laureati Stem accade il contrario.
Sintesi
- In Italia un insegnante guadagna in media solo il 74% di un laureato, tra i livelli più bassi dell’Ocse.
- I dirigenti scolastici percepiscono stipendi molto più alti dei docenti, con un divario del 72% rispetto ai laureati.
- Gli insegnanti umanisti guadagnano più dei loro pari laureati, mentre i docenti STEM risultano penalizzati.
Il divario salariale degli insegnanti
Con l’inizio dell’anno scolastico tornano in classe non solo gli studenti, ma anche gli insegnanti. Figure centrali per il funzionamento della scuola pubblica, continuano però a essere poco valorizzati: lo confermano i dati.
Secondo il rapporto “Education at a Glance 2023” dell’Ocse, un docente italiano delle scuole superiori con 15 anni di esperienza guadagna in media circa 44.000 dollari annui lordi a parità di potere d’acquisto, al di sotto della media Ocse (che si aggira tra i 50.000 e i 55.000 dollari) e lontano dai 65.000 dollari che si registrano in Paesi come Germania e Paesi Bassi. Complessivamente, un insegnante italiano percepisce circa il 16% in meno rispetto ai colleghi europei a parità di esperienza. Il problema si pone non soltanto in termini assoluti, ma anche in termini relativi. La Figura 1, tratta dallo stesso rapporto, evidenzia come in Italia la retribuzione degli insegnanti della scuola secondaria sia inferiore in modo consistente a quella dei lavoratori con un titolo terziario, nonostante richieda un livello d’istruzione comparabile: il salario dei docenti in Italia rappresenta meno dei tre quarti del salario medio di un lavoratore laureato, uno dei livelli più bassi tra i Paesi Ocse, dove la media si attesta al 95%.
Il grafico evidenzia anche la marcata differenza retributiva tra insegnanti e dirigenti scolastici. In Italia, questi ultimi percepiscono uno stipendio superiore del 72% rispetto al salario medio di un lavoratore laureato, contro una media Ocse pari al 45%. Questa distanza riflette una struttura retributiva interna al sistema scolastico in cui il riconoscimento economico è concentrato sulle posizioni apicali. Se da un lato la maggiore responsabilità gestionale può giustificare una differenza salariale, l’ampiezza della forbice solleva interrogativi sulla valorizzazione economica della funzione docente.
C’è divario e divario: la differenza tra materie umanistiche e STEM
Se è vero che gli insegnanti italiani guadagnano in media meno di un laureato, tuttavia questo divario non è lo stesso per tutti. I microdati dell’Indagine sulle Forze Lavoro dell’Istat analizzati dal think-tank Tortuga rivelano che per alcune aree disciplinari, per esempio le materie umanistiche, il divario si ribalta e diventa addirittura positivo. Nello specifico, abbiamo utilizzato i dati relativi all’anno 2021, gli ultimi per i quali è possibile analizzare congiuntamente reddito e titolo di studio (data l’incresciosa ritrosia e lentezza dell’Istat nel fornire dati sui salari), confrontando il reddito degli insegnanti con quello degli altri laureati. Il confronto avviene a parità di alcune caratteristiche osservabili: genere, età, regione, cittadinanza, tipologia contrattuale. Purtroppo, non abbiamo a disposizione il reddito in valori assoluti ma solo il decile di reddito (rispetto alla distribuzione dell’intera popolazione) a cui appartiene ciascun individuo.
La Figura 2 mostra il risultato di questa analisi: i pallini blu rappresentano il risultato della stima, mentre i pallini arancioni mostrano l’incertezza statistica. I laureati in discipline letterarie, umanistiche, linguistiche, ma anche artistiche e di insegnamento guadagnano 0,5/1 decili di reddito in più se scelgono di fare gli insegnanti rispetto ai loro ex colleghi universitari che intraprendono un’altra professione. Al contrario, i veri penalizzati sono i laureati in discipline scientifiche e ingegneristiche che, quando diventano insegnanti, si trovano 0,5/1 decili più in basso dei propri ex colleghi di università. I numeri forniti dall’Ocse e spesso discussi nel dibattito pubblico, insomma, celano una profonda eterogeneità.
Che scuola vogliamo
Questi dati, oltre a offrire uno sguardo più approfondito su un tema ricorrente, sollevano però una rilevante questione di politica economica: quali laureati attira la scuola pubblica in Italia? La ricerca scientifica economica ha ormai corroborato con solide evidenze quantitative l’idea che un bravo insegnante possa fare una differenza significativa nella vita di uno studente (si vedano per esempio i tanti studi dell’economista Jonah Rockoff). La questione riguarda anche il riconoscimento sociale e l’attrattività della professione, con conseguenze in termini di stabilità del personale docente. Uno studio del Center for Education Policy Analysis (CEPA), “Examining the Link between Teacher Wages and Student Outcomes”, mostra che gli stipendi più elevati sono associati a una minore probabilità che gli inseganti lascino la professione. Questo suggerisce che retribuzioni inadeguate possono contribuire ad alimentare fenomeni di turnover e carenza di personale qualificato.
E dunque, gli stipendi offerti ai docenti italiani sono in grado di attirare e trattenere buoni insegnanti? I numeri presentati in questo articolo suggeriscono che negli ambiti umanistici la scuola pubblica italiana possa davvero ambire ad attirare i migliori, mentre lo stesso non vale per gli ambiti scientifici. E questo è un problema per un paese storicamente indietro nelle materie STEM, in un sistema economico che si sposta sempre più verso i servizi, in un mondo che si fa sempre più digitale. Una politica educativa lungimirante dovrebbe porsi questo problema: e allora, oltre a un necessario innalzamento generalizzato degli stipendi degli insegnanti, perché non immaginare degli aumenti mirati alle aree disciplinari che fanno più fatica ad attirare docenti in grado di cambiare la vita dei propri studenti?