Maggioritario e proporzionale hanno effetti diversi sul comportamento di eletti ed elettori: la nostra analisi per YouTrend.

 

Le conseguenze politiche della legge elettorale

Negli ultimi mesi, con il referendum sul taglio dei parlamentari alle porte, si è riaccesa la discussione sulla legge elettorale. PD e M5S hanno raggiunto un accordo per una nuova legge elettorale puramente proporzionale che sostituirà il Rosatellum, che è invece un mix tra proporzionale e maggioritario, con listini bloccati nei collegi plurinominali e first-past-the-post nei collegi uninominali.

I partiti spesso modificano le regole del gioco seguendo la propria convenienza politica di breve termine. Questo comportamento si riscontra in molti paesi (Rokkan 1970, Boix 1999, Colomer 2005) e l’Italia non fa eccezione. Una volta ottenuto il 41% alle elezioni europee del 2014, Renzi voleva stabilire un sostanziale premio di maggioranza nell’ItalicumNel campo opposto Berlusconi, sapendo di non avere i numeri per vincere le elezioni del 2006, promosse il Porcellum, disegnato per ostacolare il centrosinistra.

I sistemi elettorali sono piuttosto eclettici e frequentemente mostrano caratteristiche legate al contesto storico e politico. Tuttavia, quando si ragiona di questi temi, è utile avere in mente i due modelli standard, che ci permettono di delinearne in modo stilizzato le conseguenze politiche ed economiche.

Il primo modello è quello maggioritario, basato su collegi uninominali in cui chi riceve più voti viene eletto, mentre tutti gli altri candidati vengono esclusi in una logica di “il primo prende tutto”. In ciascun collegio, quindi, i candidati competono per un solo seggio, che viene conquistato da chi ottiene la maggioranza dei voti. Il maggioritario è normalmente associato a Gran Bretagna e Stati Uniti.

Il secondo modello è quello proporzionale, caratterizzato da seggi distribuiti in circoscrizioni elettorali plurinominali: ogni partito ottiene un numero di seggi legato alla proporzione di voti ottenuti nella circoscrizione. Un sistema elettorale proporzionale fotografa in maniera più precisa gli effettivi rapporti di forza e consenso dei diversi partiti, dando una rappresentanza relativamente ampia anche a chi ottiene solamente una minoranza dei voti. Germania, Belgio, paesi scandinavi e l’Italia della cosiddetta “prima repubblica” hanno utilizzato sistemi proporzionali.

 

Il dibattito pubblico spesso non entra nelle conseguenze specifiche di un sistema elettorale maggioritario o proporzionale. Eppure le differenze politiche tra i due sistemi sono notevoli, e si possono dividere in conseguenze relative ai comportamenti dei politici e degli elettori.

Sistemi elettorali e comportamento dei politici

Una prima differenza cruciale tra i due sistemi riguarda l’incentivo all’aggregazione e alla disgregazione dei partiti. Nel sistema maggioritario, partiti che non raggiungono la maggioranza nei singoli seggi uninominali non ottengono alcuna rappresentanza, quindi le formazioni politiche minori sono naturalmente spinte ad aggregarsi verso il bipolarismo. I politologi chiamano questa tendenza “legge di Duverger”. Allo stesso modo, anche la nascita di nuove forze politiche, esterne ai partiti esistenti, è estremamente complicata in sistemi maggioritari. Per queste ragioni, i sistemi proporzionali sono spesso caratterizzati da frammentazione in partiti di minore dimensione e, di conseguenza, i governi devono spesso formare ampie coalizioni per ottenere una maggioranza effettiva nelle assemblee elettive. La necessità di raccogliere coalizioni eterogenee, che spesso si compongono di interessi molto differenti, rende i governi nei sistemi proporzionali più fragili, generalmente meno “decisionisti” e meno portati a riforme radicali.

Il metodo di elezione ha anche importanti effetti sul livello di controllo che i cittadini possono esercitare rispetto ai propri rappresentanti. I parlamentari eletti con un sistema maggioritario in seggi uninominali hanno un rapporto fiduciario diretto con i cittadini del proprio collegio, i quali hanno un punto di riferimento a cui rivolgersi e, se delusi, possono punire il proprio rappresentante nella tornata elettorale successiva. In una circoscrizione proporzionale, invece, in cui numerosi rappresentanti vengono eletti contemporaneamente da vari partiti diversi, questo legame diretto si sfalda, i meriti e le responsabilità diventano più complessi da ricostruire ed eventualmente premiare o punire. Esiste un’ampia letteratura che mostra le conseguenze pratiche del minore controllo sugli eletti tipico dei sistemi elettorali proporzionali: Gagliarducci e Nannicini (2011) mostrano che i rappresentanti eletti con sistema maggioritario introducono un maggior numero di proposte di legge dirette al proprio collegio e tendono ad avere tassi di assenteismo più ridotti.

Un’altra differenza cruciale tra i due sistemi è che, con regole elettorali maggioritarie, un partito regionale con un forte consenso in pochi distretti può ottenere una rappresentanza molto più ampia rispetto ad una formazione politica più diffusa a livello nazionale ma priva della maggioranza in gran parte dei distretti. Ad esempio, come si può vedere nel grafico 2, il Partito Nazionalista Scozzese (SNP) in seguito alle elezioni britanniche del 2019 controlla il 7,4% dei seggi col 3,9% dei voti (concentrati nei collegi scozzesi), mentre il Partito Liberal-Democratico (Lib-Dem) occupa l’1,7% dei seggi alla Camera dei Comuni, a fronte dell’11,6% dei voti ottenuti complessivamente (ma molto più dispersi a livello nazionale).

Regno Unito, confronto tra percentuali di voti ottenuti e di parlamentari eletti per SNP e Lib-Dem

Sistemi elettorali e comportamento degli elettori

Il sistema elettorale va anche a influire sul comportamento degli elettori. In Regno Unito, dove ci sono due partiti di maggiori dimensioni (Conservative e Labour) e un terzo più piccolo (Lib-Dem), gli elettori votano strategicamente, ovvero scegliendo un altro partito invece della prima scelta in modo da poter escludere il partito più inviso. Ad esempio, in alcuni distretti del Nord dell’Inghilterra tradizionalmente laburisti, per un liberal-democratico non avrebbe senso votare il proprio partito, perché non avrebbe la minima speranza di arrivare primo: voterà Conservative se vuole un governo di destra o Labour se di sinistra.

C’è poi la questione dell’affluenza e l’incentivo del singolo ad andare a votare. La letteratura concorda nel mostrare che l’affluenza è più alta nei sistemi proporzionali (si vedano per esempio Cox, 1999 ed Eggers, 2013). L’elettore infatti ha un maggiore incentivo ad andare a votare se sa di essere cruciale nell’influenzare il risultato elettorale. Inoltre i partiti investiranno più sforzi di mobilizzazione in un seggio marginale, portando a una maggiore affluenza. Poiché sotto un sistema maggioritario c’è un maggior numero di seggi “sicuri” (ovvero dove date le caratteristiche del distretto è quasi certo che vinca un certo partito), da una parte i partiti spenderanno meno soldi ed energie per fare campagna elettorale in questi distretti, e dall’altra gli stessi votanti avranno meno incentivi ad andare a votare per il proprio partito sapendo che questo non ha speranze di vittoria. In ogni caso, l’affluenza è maggiore quando l’elettore marginale ha una probabilità più alta di essere decisivo, per esempio in elezioni molto competitive.

Inoltre, nel proporzionale, è più facile entrare nell’arena elettorale come nuovo partito, moltiplicando quindi le possibilità per gli elettori di trovare un partito vicino a loro. Infine, Eggers (2013) trova che, poiché il proporzionale ha una soglia minore richiesta per vincere seggi, candidati competenti e qualificati hanno un maggiore incentivo a candidarsi con liste minori. Questo migliora la qualità generale dei candidati, rendendo la competizione elettorale più accesa e aumentando quindi l’affluenza.

Un difficile compromesso

In conclusione, il dilemma tra maggioritario e proporzionale verte su cosa pensiamo abbia maggior valore in un sistema democratico. Il maggioritario conduce a un mandato chiaro, dove la notte stessa delle elezioni probabilmente emergerà il partito vincitore che potrà attuare incontrastato il proprio programma. Il proporzionale, invece, porta ad una rappresentanza più accurata delle preferenze dell’elettorato e delle minoranze, che però rischia di portare a governi più fragili e a difficili compromessi.

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